“Tua mamma è disabile, non c’è posto per lei in terapia intensiva”
"Ti viene da pensare anche che possano essersi detti: ‘Straniera, disabile: scartiamola‘. Poi magari non è così, ma quando sei disperata immagini di tutto". Rita (nome di fantasia) ha 19 anni e non vede sua madre da giorni. Da quando, cioè, la donna è stata ricoverata all'ospedale di Piacenza per quella che poi si è scoperta essere una polmonite da Covid-19. "All'inizio i medici ci hanno rassicurati – racconta la giovane – Poi quando la situazione è un po' peggiorata uno di loro ci ha detto che, se ci fosse stato bisogno di intubarla, forse non l'avrebbero fatto. Sia perché nelle condizioni di mia madre non sarebbe consigliabile, sia perché avrebbero preferito dare spazio a una persona perfettamente in salute".
La madre di Rita ha 54 anni, è sulla sedia a rotelle e nel 2003 i medici hanno scoperto che è affetta da sclerosi multipla. "Io dal primo starnuto che ha avuto lei ho avuto paura – racconta la ragazza a Fanpage.it – Non le parlo da prima che la caricassero sull'ambulanza del 118. Aveva paura, i neurologi sconsigliavano di andare in ospedale visto che è immunodepressa. Io continuo a mandarle messaggi su WhatsApp, registrazioni audio, faccio partire la videochiamata… Ma lei non riesce a rispondermi". Indossa un casco che l'aiuta a respirare. Un ausilio che si è reso necessario un paio di giorni dopo il ricovero e l'aggravarsi delle sue condizioni.
La donna ha cominciato a stare male la scorsa settimana. Una brutta febbre che non voleva scendere. Per tre volte l'ambulanza del 118 è arrivata in quella casa di Piacenza e per due i soccorritori sono andati via senza portare con sé la paziente. "La prima volta la saturazione era buona e non hanno valutato di mandarla in ospedale. La seconda volta è stata lei a non volere andare, ma i soccorritori non hanno insistito. Nonostante la saturazione fosse cattiva. La terza volta, invece, l'hanno portata via in ambulanza". Era lunedì sera.
Tra martedì e mercoledì le condizioni della 54enne si sono aggravate. La febbre è salita fino a 39,5, e poi è arrivata quella telefonata: "Ci hanno detto di tenerci pronti, che sarebbe stato possibile ricevere un'altra telefonata anche la notte stessa. E che, appunto, si preferiva dare spazio in terapia intensiva a una persona sana. A una cosa del genere, la tua parte razionale capisce. E poi c'è un'altra parte che si arrabbia: non solo perché è tua madre, ma pure perché che significa? Che a una persona disabile non deve essere data la speranza di sopravvivere?".
La situazione di salute di sua madre non è migliorata ma neanche peggiorata. La febbre non è scesa e il personale sanitario spera che il suo corpo risponda bene a un farmaco contro la malaria. "Una delle cose che ti manda fuori di testa è che ogni medico ha il suo modo di raccontarti le cose. So che l'ospedale di Piacenza è uno dei migliori, che il personale è fantastico e che sono tutti bravissimi. Ma bisognerebbe anche che si considerasse lo stato psicologico dei parenti degli ammalati di Covid-19. A volte, magari perché lavorano tantissimo per tutti noi, i medici danno risposte che ti fanno cascare il mondo addosso".
Come quella che è stata data a lei pochi giorni fa. "Così ti viene da pensare a tante cose: che le tengano il casco per non occupare un posto di terapia intensiva. Che la scartino perché è disabile o perché è straniera". Del resto, "quando sei disperato pensi qualsiasi cosa. In questa situazione il sonno te lo scordi. Ogni volta che senti il telefonino vibrare pensi che sia l'ospedale che vuole darti una brutta notizia e magari, invece, è solo un amico che vuole chiederti come stai. Ho visto mio padre crollare, e lui è sempre stato quello che mi dava coraggio. La febbre, comunque, non è salita ancora. Un po' di luce c'è, noi ci attacchiamo a quella".
Aggiornamento delle 14 del 30/03/2020
Riceviamo e pubblichiamo dalla giovane: "Purtroppo mia mamma non ce l'ha fatta, ma il mio cuore è in pace per lei. So che ora è libera e non soffre più".