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Cadaveri fatti a pezzi a Tropea

Tropea, orrore al cimitero: cadaveri fatti a pezzi e bruciati per rivendersi le tombe

L’inchiesta condotta dalla guardia di Finanza di Vibo Valentia ha portato oggi all’arresto di tre persone: il custode comunale del cimitero di Tropea, il figlio e un loro aiutante. A incastrarli alcuni video in cui si vedono scene che lo stesso Gip del tribunale calabrese ha definito “raccapriccianti” con la distruzione e soppressione dei cadaveri e la violazione delle tombe.
A cura di Antonio Palma
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"Scene raccapriccianti", con queste parole il gip del Tribunale di Vibo Valentia ha descritto quanto accadeva all'intero del cimitero di Tropea, in Calabria, dove alcuni addetti estumulavano le salme e facevano a pezzi i cadaveri per bruciarli, solo con lo scopo di liberare tombe da rivendersi. L'inchiesta condotta dalla guardia di Finanza di Vibo Valentia ha portato oggi all'arresto di tre persone: il custode comunale del cimitero, il 62enne Francesco Trecate, il figlio Salvatore di 38 anni e del 53enne Roberto Contartese, loro aiutante. Secondo l'accusa i tre sarebbero protagonisti della distruzione e soppressione di diversi cadaveri e della violazione dei sepolcri. Pratiche che in alcune occasioni le stesse fiamme Gialle sono riuscite a filmare e documentare con videocamere nascoste.

"Testa mozzata a mo' di trofeo" nel cimitero di Tropea

Come ricostruito dal giudice per le indagini preliminari nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere per i tre indagati, alcuni dei video sarebbero raccapriccianti perché oltre a mostrare la frantumazione delle bare con ascia e piccone rivelano anche altri casi in cui lo smembramento dei cadaveri avveniva a mani nude e poi con l'uso di seghe e coltelli, con successivo incenerimento dei resti posti in alcuni secchi neri. Non solo,  i cadaveri sarebbero stati spogliati, sezionati e in un caso il capo del defunto è stato mozzato "e mostrato a mo' di trofeo" da uno degli arrestati, come sottolinea il gip. Il giorno successivo alla distruzione di una salma con liquido infiammabile è stato accertato che il loculo era stato utilizzato per seppellire una nuova salma.

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Custode del cimitero pretendeva denaro per le tombe

L'inchiesta era partita a seguito di alcune segnalazioni di persone che non ritrovavano più i loro cari come un professionista di Tropea che ha trovato la tomba del nonno vuota e senza bara. Le indagini hanno permesso di accertare che vi era stata poi sepolta la moglie dell'indagato Contartese. Un testimone di giustizia infine ha denunciato che la sparizione delle salme nel cimitero di Tropea era collegata alla pretesa di denaro da parte del custode cimiteriale per procedere alla tumulazione delle salme, e così è scattata l'inchiesta che ha porto alla luce le macabre scene.

Facevano a pezzi i cadaveri di persone decedute da molti  anni

Secondo l'accusa, dopo aver portato via le bare dalle tombe senza nessuna autorizzazione, i tre si appartavano in un’area interna e riparata del cimitero dove senza il minimo scrupolo procedevano in molte occasioni ad estrarre i cadaveri di persone decedute da molti  anni, a volte non ancora decomposti e per questo smembrati e infine dati alle fiamme. Pochi giorni dopo o sole 24 ore dopo nel loculo liberato veniva seppellita una nuova salma. Per i tre contestate le accuse di violazione di sepolcro, distruzione di cadavere, illecito smaltimento di rifiuti speciali cimiteriali e peculato, commessi all’interno del cimitero di Tropea.

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Uno degli indagati percepiva reddito di cittadinanza

"Le investigazioni, avviate d’iniziativa scaturiscono dallo sviluppo di molteplici, precisi e convergenti elementi informativi acquisiti da pattuglie in servizio di pubblica utilità 117 e di controllo economico del territorio, che hanno determinato l’avvio di un’attenta e costante attività di osservazione nei confronti dei tre soggetti, che svolgevano la loro attività lavorativa all’interno del cimitero di Tropea, il primo dei quali percepiva il reddito di cittadinanza mentre il secondo l’indennità di disoccupazione" spiegano i finanzieri, aggiungendo che i tre indagati, "senza alcuna autorizzazione ed in totale spregio di qualsiasi disposizione contenuta nel regolamento di polizia mortuaria comunale, hanno eseguito numerose estumulazioni illegali, al fine di conseguire, con ogni probabilità, illeciti profitti, assicurando ai congiunti di persone defunte l’utilizzo di loculi per la sepoltura, resi improvvisamente disponibili, eliminando, senza averne titolo, i poveri resti mortali rimasti di altre persone già sepolte da anni, approfittando della situazione di grave carenza di posti liberi che da molto tempo esiste presso il Cimitero di Tropea".

Il testimone di giustizia

Un ruolo decisivo nell'indagine è stato quello di un testimone di giustizia, Pietro Di Costa. È da un suo esposto, infatti, come si legge nelle carte, che il 21 gennaio le indagini subiscono un accelerata che porta agli arresti. Il Di Costa, autore di numerose denunce sia alle forze dell'ordine, sia sui social, aveva raccontato agli inquirenti della sparizione di almeno una salma e della pretesa di denaro per una tumulazione.

Appello del Pm ai cittadini di Tropea: "Verificate se ci sono ancora i morti"

L'indagine e gli arresti a Tropea però potrebbero essere solo l'inizio. Se la Guardia di Finanza ha potuto accertare almeno dieci casi tra novembre e gennaio. infatti , secondo la Procura potrebbero essere molto di più i casi di tombe proafnate e cadaveri distrutti. "Faccio a un invito formale a tutti i cittadini di Tropea di andare a verificare la permanenza delle tombe dei propri cari soprattutto per quelle salme che son state tumulate tanti anni fa" ha dichiarato infatti il Procuratore Vibo Valentia Camillo Falvo

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