Trento, scuola non rinnova il contratto a una docente perché “forse è lesbica”
Una scuola non avrebbe rinnovato il contratto a una professoressa perché forse lei è gay. Accade a Trento, in un istituto privato cattolico. “Sospettata” di essere lesbica, la donna sarebbe stata chiamata a fornire informazioni circa il proprio orientamento sessuale e ad affrontare un percorso di “riabilitazione”. Altrimenti non le avrebbero rinnovato il contratto di lavoro, che poi è quanto realmente accaduto. A denunciare i fatti sono le associazioni Arcilesbica nazionale, Agedo nazionale, Equality Italia e Famiglie Arcobaleno secondo le quali “in una Repubblica democratica ‘fondata sul lavoro', non rinnovare l'incarico ad una persona per la sua presunta omosessualità rappresenta l'equivalente simbolico di un'esecuzione dopo processo sommario e stupro”. Dura la presa di posizione a favore della prof che sarebbe stata discriminata: “La somministrazione di ‘terapie riparative’ rispecchia le pratiche del dott. Carl Vaernet, nel campo di sterminio di Buchenwald, volte a ‘guarire' gli omosessuali. Nel caso del dott. Vaernet, la percentuale dei decessi fu dell'80%. Oggi il principio e il fine sono i medesimi: ‘guarire' gli omosessuali. Cambia solo la ‘pratica clinica' della ‘terapia' e dei suoi ‘effetti collaterali': mezzi farmacologici durante il Nazismo, oppressione psicologica ed esclusione sociale, mediante la deprivazione dei mezzi di sopravvivenza, nell'Italia contemporanea”.
Associazioni Lgbt chiedono l’intervento del ministro Giannini
Le associazioni richiamano anche l'attenzione sul fatto che la scuola di Trento protagonista del presunto episodio di discriminazione è finanziata con fondi pubblici e chiedono una legge contro l’omotransfobia. “Questi purtroppo – concludono – sono episodi chiave per capire la necessità e l'urgenza di una legge di lotta all'omotransfobia, che protegga tutti i cittadini omosessuali, transessuali o presunti tali, da qualsiasi violenza: psicologica, fisica o sociale che sia”. Le associazioni vogliono inoltre che sul caso intervenga direttamente il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini: il ministro intervenga – questa la richiesta – “per restituire all'insegnante offesa la sua dignità di persona”.