La 13enne morta cadendo dal balcone aveva segni sulle mani compatibili coi colpi: l’ex fidanzato resta in carcere
Il tribunale per i minorenni di Bologna ha convalidato il fermo del 15enne accusato dalla Procura e dai carabinieri di aver ucciso la fidanzata di 13 anni gettandola dal settimo piano del palazzo dove viveva con la famiglia a Piacenza.
Confermata per l'ex fidanzatino della vittima anche la misura cautelare in carcere. Il ragazzino non lascerà quindi la prigione dove si trova da lunedì scorso. L'udienza di convalida si era già tenuta ieri, mercoledì 30 ottobre, ma il giudice del Tribunale minorile si era riservato la decisione.
L'avvocato difensore del 15enne, Ettore Maini, aveva spiegato che l'adolescente aveva risposto alle domande. Ma avrebbe continuato a dirsi innocente. Non avrebbe insomma ammesso alcuna responsabilità sulla morte della ragazza durante l'udienza di convalida del fermo.
L'ex fidanzato della 13enne è accusato di omicidio volontario. Durante l'udienza di convalida, è emerso che il giovane aveva con sé un cacciavite di circa 15 centimetri usato verosimilmente per colpire la ragazzina dopo che quest'ultima aveva cercato di aggrapparsi alla ringhiera del balcone per non precipitare nel vuoto.
Secondo i primi accertamenti medico legali sul corpo della 13enne, i segni sulle mani sarebbero compatibili con i colpi dati dal fidanzato per farle lasciare la presa sulla ringhiera.
Questo sarebbe uno degli elementi, insieme a quelli nelle testimonianze, che hanno portato gli investigatori, Procura per i minori e carabinieri, a convincersi della responsabilità del 15enne. Non risulta invece che il ragazzo abbia utilizzato il cacciavite che aveva con sé per aggredirla prima della caduta.
Per quanto riguarda le testimonianze, invece, sarebbero tre le persone che hanno aiutato i carabinieri a ricostruire cosa è successo lo scorso venerdì mattina a Piacenza. I tre testimoni avrebbero assistito ad almeno una parte della scena e successivamente si sono presentati in caserma. Tra questi ci sarebbe la persona che ha descritto più nel dettaglio d'aver visto il ragazzino spingere la 13enne oltre la ringhiera e colpirla alle mani. I tre testimoni non si conoscono tra loro e il fatto che le versioni siano almeno in parte concordanti ha contribuito ad avvalorarne la veridicità agli occhi degli investigatori.