Tredicenne morta cadendo dal balcone, la mamma: “Da noi 4 email ai Servizi Sociali, hanno sottovalutato”
"Avevo segnalato le mie perplessità, il fatto che questo ragazzo era particolare e molto pesante. Queste mie esternazioni sono state prese in modo leggero e la storia di mia figlia come una di quelle che si vedono tra ragazzini". A parlare è la mamma della 13enne caduta dal settimo piano dello stabile dove viveva con la famiglia a Piacenza. Per la sua morte è stato fermato l'ex fidanzato 15enne, ora in carcere con l'accusa di omicidio volontario. Secondo quanto ricostruito in fase di indagini, il giovane avrebbe spinto la 13enne giù dal balcone, colpendola poi sulle nocche quando si è aggrappata alla balaustra per non precipitare nel vuoto.
Nella giornata di martedì 5 novembre, alle 15 del pomeriggio, è stato celebrato il funerale nel Duomo di Piacenza alla presenza di amici e compagni di scuola. Per quel giorno è stato indetto il lutto cittadino. In una precedente intervista a Fanpage.it, la legale che si occupa della difesa della famiglia della 13enne, l'avvocata Lorenza Dordoni, ha sottolineato che la madre dell'adolescente aveva segnalato il comportamento ossessivo dell'ex fidanzato ai Servizi Sociali e che un loro intervento avrebbe potuto salvare la vita alla ragazzina deceduta il 25 ottobre scorso.
La madre della vittima ha nuovamente puntato il dito contro i Servizi Sociali di Piacenza in un'intervista rilasciata a Mattino Cinque. "La mia segnalazione è stata presa in modo molto leggero, è stata sottovalutata. Mi chiedo dove fossero i Servizi Sociali quando spiegavo che questo ragazzo era particolare e pieno di problemi. Se decidi di fare questo lavoro, devi farlo fino in fondo, in modo approfondito. Per chiedere l'intervento della Dirigente dei Servizi Sociali ho dovuto scrivere 4 email nel corso dell'estate".
Sulla possibilità di un fraintendimento con gli operatori, la donna afferma: "È possibile che ci sia stato, certo, ma io faccio la madre e tante cose non le so. Io sono una mamma, loro sono assistenti sociali, hanno studiato per fare questo lavoro". "Mi chiedo perché non ammettere la verità – ha continuato la donna -. Perché non dire che avevo espresso i miei dubbi. Di cosa hanno paura? Di essere licenziati? La paura ha ucciso mia figlia. Anche lei aveva paura. Preferisco sentirmi dire che è vero, che la nostra segnalazione è stata effettivamente sottovalutata, invece di dover far fronte a bugie come: ‘non sapevamo nulla'. Non lo ammetto".