Tredicenne morta a Piacenza, l’esito dell’autopsia: “No suicidio. Probabilmente è stata spinta”
La morte della 13enne, precipitata lo scorso ottobre dal settimo piano del palazzo dove viveva con la famiglia a Piacenza, sembra non essere compatibile con un gesto estremo volontario. Le ferite sulla parte posteriore del cranio suggeriscono che potrebbe essere caduta all’indietro, probabilmente a causa di una spinta, e non si sarebbe lanciata in avanti. Questa è l’ipotesi formulata dal medico legale Giovanni Cecchetto, dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Pavia, nelle conclusioni dell'autopsia eseguita sul corpo della giovane.
La ricostruzione avanzata dal medico legale appare compatibile con quella contenuta nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale per i minorenni di Bologna nei confronti dell'ex fidanzato della vittima, un quindicenne attualmente detenuto nel carcere minorile con l'accusa di omicidio volontario. Le fratture alla testa, tra tutte quelle rilevate sul corpo della vittima, sarebbero state fatali e, secondo l'autopsia, avrebbero provocato una morte immediata.
Il ragazzo ha sempre negato le accuse. Durante gli interrogatori, ha raccontato che la mattina del 25 ottobre 2024, verso le 8:30, lui e la 13enne erano saliti sul terrazzo per parlare, forse nel tentativo di ristabilire una relazione che per lei era ormai conclusa. Ha sempre respinto l’accusa di averla spinta, avanzando due possibili scenari: suicidio o caduta accidentale.
Tuttavia, pare che la ragazza avesse confidato alla sorella i comportamenti ossessivi del 15enne nei suoi confronti, come il fatto che si presentasse spesso sotto casa sua e nei pressi dei cancelli della sua scuola. Secondo i familiari della 13enne, il ragazzo l’avrebbe aggredita fisicamente più volte.
I carabinieri del nucleo investigativo di Piacenza, che stanno conducendo le indagini, hanno ascoltato le testimonianze di tre persone che avrebbero visto o sentito quanto accaduto quel giorno tra i due minori. Due di loro avrebbero assistito alla scena, seppur da una certa distanza, mentre una terza avrebbe udito le grida disperate della ragazza. Secondo i loro racconti, la giovane sarebbe stata vista aggrappata alla ringhiera mentre il ragazzo colpiva con i pugni le sue mani per farle mollare la presa.
L'autopsia si è concentrata anche sulle lesioni riscontrate sulle mani della ragazza, in particolare sulle nocche. Secondo il medico legale, consulente della Procura per i minorenni, potrebbero essere state causate dai colpi sferrati dal ragazzo.