Tredicenne abusata, pena ridotta a Don Marino: non fu ‘violento’. La procura fa ricorso
Due anni in meno dalla pena perché ‘non fu violento'. La Procura generale di Campobasso ha impugnato la sentenza d'Appello che concede a Don Marino Genova, riconosciuto colpevole di atti sessuali su minore, una riduzione della pena di due anni in virtù dell'attenuante per minore gravità del fatto perché gli approcci sessuali non furono mai ‘completi' né ‘violenti'. Il ricorso si riferisce alla sentenza che condanna don Marino a 4 anni e 10 mesi di carcere (invece dei sei del primo grado) emessa lo scorso maggio in ordine agli abusi sessuali denunciati a 17 anni da Giada Vitale e risalenti all'epoca in cui, 13enne, suonava l'organo nella chiesa dove officiava don Marino (55 anni) a Portocannone (Campobasso). Come riconosciuto dalla stessa sentenza, in più occasioni il prete avrebbe compiuto ‘atti sessuali con Giada Vitale quando questa aveva 13 anni e 10 mesi, fino al raggiungimento dei 14 anni, il 20 giugno 2009, in particolare abbracciando la ragazza, spingendola contro il muro della sacrestia, strusciando parti intime sul corpo della ragazza, accarezzando sue parti intime".
"In tema di rapporti sessuali con minorenni la reiterazione è sintomatica dell'intensità del dolo ed è espressione di una compressione non lieve della libertà sessuale della vittima, non compatibile con un giudizio di minore gravità del fatto" scrive la Procura. "La motivazione della sentenza – pertanto – appare illogica e contraddittoria perché da un lato la corte condivide il ragionamento del primo giudice nella individuazione della pena a motivo della particolare gravità del fatto desunta dalla circostanza che Don Marino ha agito avvalendosi della sua posizione di autorevolezza in quanto guida spirituale della comunità parrocchiale, dall'altro considera di minore gravità la complessiva condotta del sacerdote accogliendo la richiesta di riduzione della pena, facendo leva sulla considerazione di modalità di approccio sessuale mai violente o forti". Sotto accusa, anche la "reiterazione nel tempo delle condotte sessuali poste in essere dal sacerdote" che con regolarità ha messo in atto gli stessi comportamenti ai danni della giovane parrocchiana.
“Mi prese la mano intrecciata con la sua e mi portò in Sacrestia, da lì poi chiuse la porta a chiave e comincio a spingermi verso il mobile della Sacrestia e io rimasi lì impietrita…” ha testimoniato Giada, che la Corte ha ritenuto attendibile. Più volte, inoltre, la ragazza ha fatto riferimento allo stato di dissociazione emotiva che le avrebbe impedito di reagire e ai comportamenti coercitivi del sacerdote. Deciderà la Cassazione, a questo punto, se accogliere il ricorso e infliggere al sacerdote una pena più severa, annullando l'attenuante della ‘minore gravità'.
In questi giorni si deciderà anche l'eventualità di un nuovo processo per i presunti abusi sessuali avvenuti dopo il compimento del quattordicesimo anno di età di Giada. Quegli episodi, infatti, avvenuti tra i 14 e i 17 anni di Giada, erano stati isolati dalla procura e racchiusi in filone che era stato archiviato in quanto la presunta vittima era stata ritenuta ‘consenziente'. Due anni fa, tuttavia, il fascicolo è stato riaperto e Don Marino, difeso dall'avvocato Carlo Taormina, rischia ora di essere rinviato a giudizio anche per la condotta di quel periodo.