Travolti e uccisi dalla folla: nessun colpevole per il massacro di Duisburg
Archiviate le accuse di omicidio e lesioni colpose per i tre imputati nella vicenda della Love Parade del 2010 a Duisburg dove, il 24 luglio, morirono 20 persone, tra cui la giovane bresciana Giulia Minola. Agli ultimi tre imputati rimasti, di 40, 60 e 67 anni, venivano contestati anche gravi errori nella organizzazione logistica del Love Parade.
I fatti avvennero durante la diciannovesima edizione della LoveParade, storico festival di musica dance nato a Berlino nel 1989. Nel 2010, come la location delle kermesse venne individuata a Duisburg, per celebrare la scelta della Ruhr come Capitale europea della cultura. L'organizzazione scelse un ex scalo merci dismesso che avrebbe potuto ospitare non più di 250mila persone. Un numero nettamente inferiore a quelli registrati nelle edizioni precedenti, che avevano visto la partecipazione di un milione di persone. Lo spettacolo, peraltro, per come si era tradizionalmente svolto, concepiva le esibizioni dal palco attraverso la folla, in una ‘parata' di musicisti e ballerini.
Il 24 luglio 2010, nonostante le previsioni promettessero il almeno il doppio degli spettatori, lo show andò in scena regolarmente e gli spazi si riempirono. Le forze dell'ordine, allora, intervennero con degli altoparlanti per bloccare l'accesso principale, ma la folla continuò a entrare nello stabilimento e ad accalcarsi nel tunnel. Circa cinquecento ospiti restarono feriti più o meno gravemente mentre dieci di loro persero la vita schiacciati dalla folla. Per evitare che l'effetto panico producesse maggiori perdite si decise di non interrompere la manifestazione e il pubblico non venne informatodella tragedia appena avvenuta. Quella del 2010 è stata l'ultima edizione della manifestazione.
Tra le vittime anche la bresciana Giulia Minola. A chiedere giustizia per lei è sempre stata la sua famiglia, in particolare, la madre Nadia Zanacchi: "I vertici e i politici che sponsorizzarono l'evento sostenendo potesse rilanciare l'immagine della città di Duisburg, per esempio, non sono nemmeno stati toccati dall'indagine", disse all'epoca "mia figlia era andata a divertirsi e non è mai più tornata a casa".