Travel Ban e coppie divise per mesi dalla pandemia: “Non lasciateci soli, l’amore non è turismo”
Lo slogan scelto (con relativo hashtag) è "Love Is Not Tourism". L'amore non è turismo. Tutt'altro. E per informazioni, chiedere ad Alessio e Olga. Si sono conosciuti in Russia un anno fa e dopo aver abitato anche insieme fino al rientro vicino Roma di lui, stavano già progettando una vita insieme in Italia. "Ho cominciato a sistemare un appartamento per noi due e preparato persino i documenti per il cane di Olga -assicura Alessio-. Il piano era che sarebbe venuta qui e poi, una trovata una certa di stabilità, anche sposarci". Niente di fatto.
A causa prima del lockdown dalle nostre parti e poi dell'epidemia di Covid-19 diventata nel giro di pochi mesi un'emergenza mondiale, Alessio e Olga non si vedono infatti da cinque mesi. E lo stesso vale per le migliaia di coppie sparse in tutto il mondo definite "binazionali", cioè originarie e residenti in due Paesi diversi, coi confini ancora chiusi. Proprio per ricordare a chi di dovere che esistono anche loro, che esistono tantissime relazioni a distanza di questo genere e che l'amore dovrebbe essere considerato fra le valide motivazioni per spostarsi, come lavoro e famiglia, in rete circolano da diverso tempo petizioni online, gruppi su Facebook e hashtag, appunto, con questi obiettivi. "Ne abbiamo scoperto l'esistenza quasi per caso -ammette Alessio, attualmente a Mentana, vicino Roma-. Si tratta di petizioni che sono state inviate ai capi di Stato, all'Unione Europea e alla Commissione Europea. Abbiamo inviato anche una lettera a Giuseppe Conte: stiamo bombardando qualsiasi canale possibile per mettere in luce questo problema". Un problema che riguarda tantissimi italiani e italiane con l'altra parte del cuore lontana migliaia di chilometri. "Ancora adesso non sappiamo quando potremmo rivederci" dice Olga, collegata da Mosca. A febbraio, dopo la partenza di Alessio, aveva cominciato anche lei a portare avanti tutta la burocrazia per raggiungere l'Italia, mentre il fidanzato riprendeva i libri in mano iscrivendosi ad un master a Roma. "Stavo aspettando la traduzione dei documenti, ma poi i confini sono stati chiusi e siamo rimasti bloccati".
"Dal primo luglio -spiega Alessio- l'area Schenghen ha riaperto i suoi confini interni e con altri determinati Paesi, ma quelli con Russia, Stati Uniti e tantissimi altri non sono stati affatto contemplati". Non solo. "Molte coppie che non sono ufficialmente sposate -prosegue il giovane romano- non sono state proprio prese in considerazione. Le persone provenienti da Paesi extra Schenghen possono entrare se hanno un visto di lavoro o per motivi di salute o se sono sposati con cittadini dell'area. Essenzialmente cosa chiediamo? Di poter dare la possibilità a coppie binazionali, con almeno un membro che non fa parte dell'area Schenghen e che non sono ancora sposate, di avere la possibilità di un ricongiungimento".
"Non lo stiamo chiedendo solo per il nostro interesse senza considerare l'incolumità altrui -sottolinea Olga-. Nel nostro messaggio diciamo di essere pronti a prenderci le nostre responsabilità, seguendo tutte le misure necessarie, come quarantena, test, protezioni. Il nostro ultimo desiderio è causare panico o pericolo per i Paesi ospitanti. La decisione di mantenere il divieto di viaggio per cittadini di Stati terzi -conclude- non è più nè giusta e nè giustificabile, sembra piuttosto mossa da motivazioni politiche". "Per favore, non lasciateci soli -è l'appello finale di Alessio-. La crisi non è finita e dobbiamo continuare a lottare, però date la possibilità, a noi e ad altre centinaia e migliaia di coppie, di potersi sostenere in questi tempi difficili. L'amore non è turismo".