“Trattamento crudele, illegale e non necessario”: Amnesty commenta le torture su Matteo Falcinelli
"Siamo molto preoccupati perché in due momenti distinti si vedono tecniche di immobilizzazione che non sono necessarie e sono molto cruente". Così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, ha commentato a Fanpage.it la vicenda dell'arresto e delle tortura subite da Matteo Falcinelli, dagli agenti di polizia di Miami, dove vive e frequenta un master alla Florida International University. I fatti sono accaduti a fine febbraio ma sono stati resi noti solo nelle scorse dopo che i video delle bodycam degli agenti sono stati messi a disposizione del legale e pubblicati dalla stampa, alzando un polverone e indignazione a livello internazionale.
"Adesso abbiamo anche chiarezza sui momenti che hanno preceduto l'arresto – ha spiegato Noury -. C'è questa tecnica di immobilizzazione con un ginocchio sul collo che non solo blocca il soggetto, ma rende difficile la respirazione e abbiamo visto in passato che ha avuto degli esiti mortali, come nel caso di George Floyd. Poi, in un altro filmato ripreso in cella, si vede un'altra tecnica di immobilizzazione che è dolorosa e altrettanto non necessaria".
Il riferimento è alla cosiddetta tecnica dell'incaprettamento (hog-tie): il soggetto viene posto a pancia in giù, con le mani dietro la schiena, legate ai piedi con una cintura di nylon. "Se al momento dell'arresto è possibile – cosa che comunque le immagini hanno smentito – che ci sia stata la percezione da parte degli agenti di un comportamento particolarmente minaccioso di Falcinelli, una volta ridotto in una situazione di inermità, bloccato in modo che non potesse costituire una minaccia per nessuno, quei 13 minuti sono stati 13 minuti di un trattamento crudele, illegale, non necessario e che non trova alcuna giustificazione per ragioni di sicurezza", ha detto Noury.
Perché si sia verificato un episodio del genere è difficile dirlo. "Non possiamo pensare che ci sia un pregiudizio nei confronti di persone italiane che si trovano negli Usa", ha detto il portavoce di Amnesty, aggiungendo: "Credo che ci sia una mancanza di formazione e di preparazione nell'affrontare da parte delle polizie locale situazioni come quella di Matteo. È come se questa mancanza producesse inevitabilmente l'istinto di ricorrere a una tecnica di immobilizzazione che è più sicura per chi la esegue ma senza rendersi conto dei danni che può fare per chi la subisce".
Anche alla luce di quanto successo negli anni passati, Noury ha sottolineato che "se prendiamo l'ultimo decennio, cominciamo con la morte di Michael Brown a Ferguson, Missouri, nel 2014, e arriviamo fino a Falcinelli, ci sono mille storie diverse. E tra tecniche di immobilizzazione equivalenti a tortura, uso disinvolto delle armi da fuoco e di metodi repressivi, questo è stato un decennio di fallimenti e Amnesty chiede ai singoli stati di dotarsi di norme chiare sui limiti dell'uso della forza, che ci sia formazione e trasparenza, e sebbene la competenza sia dei singoli stati, dobbiamo pretendere dal Dipartimento di Giustizia che ci siano indicazioni chiare che determinati comportamenti non saranno tollerati".