Tragedia Mottarone, il direttore tecnico: “Il problema alla funivia si poteva risolvere in 48 ore”
Saranno disposti nelle prossime ore gli accertamenti irripetibili sui cavi usurati della funivia del Mottarone e sulla fune traente spezzata che ha causato il crollo della cabina, provocando la morte di 14 persone. Il pm di Verbania Olimpia Bossi ha specificato che con queste verifiche sarà chiarito perché la fune si è rotta e conseguentemente sganciata. "Con questo tipo di analisi emergeranno anche altre responsabilità – spiega ancora la procuratrice – e riusciremo ad appurare se il sistema frenante avesse dei difetti o meno. Ci sarà una consulenza tecnica che ci aiuterà a comprendere la dinamica di quanto accaduto e le motivazioni alla base del disastro. Dopo aver effettuato tutti i controlli, manderemo gli avvisi a eventuali indagati".
Nuovi indagati con gli accertamenti
Si attendono quindi per i prossimi giorni i nomi di nuovi coinvolti nelle indagini sul disastro del Mottarone. Per il momento, iscritte al registro tre persone: Luigi Nerini, proprietario della funivia, Enrico Perocchio, direttore dell'esercizio e Gabriele Tadini, caposervizio della struttura. Con i nuovi accertamenti, coloro che riceveranno l'avviso di garanzia potranno nominare i propri consulenti tecnici. "Non sappiamo se ci saranno nuovi indagati, ma è una possibilità. Ho preso atto di ciò che è emerso dalle indicazioni di coloro che sono informati sui fatti".
Il direttore tecnico Perocchio
Nel frattempo, solo Gabriele Tadini è sottoposto a misura cautelare dopo aver confessato di aver manomesso consapevolmente i freni per evitare i continui blocchi della funivia dovuti a malfunzionamenti irrisolti nel corso delle settimane. Nerini e Perocchio, scarcerati a causa dell'assenza di prove incriminanti, hanno invece negato di essere stati a conoscenza di quanto fatto. "Non sapevo dei forchettoni – ha affermato il direttore tecnico durante in un'intervista al quotidiano La Stampa – Se avessi saputo, non avrei avallato quella scelta. Lavoro negli impianti a fune da ventuno anni e so che quelle sono cose da non fare". Dopo la scarcerazione decisa dal pm di Verbania, l'ingegnere Enrico Perocchio è tornato presso la sua abitazione in attesa di ulteriori sviluppi delle indagini. "Sono stati sei giorni pesanti. Questa è un'accusa devastante. Sono più sollevato ora: torno in famiglia. Sul resto so che tutte le manutenzioni sono state fatte. Vedremo le analisi sulla rottura della fune per capirne le ragioni. Se avessi notato i forchettoni in rosso ancora inseriti, li avrei fatti togliere immediatamente". Definisce poi il blocco dei freni "un errore fatto per ovviare a un problema facilmente risolvibile". Spiega, infatti, che sarebbe bastato chiudere l'attività per almeno 48 ore. Eppure questo non è successo e sono morte 14 persone.
Nonostante la scarcerazione, la procura indaga sulle comunicazioni avvenute tra i tre per appurare se Nerini e Perocchio fossero a conoscenza di quanto stava avvenendo. Al vaglio chat, mail e comunicazioni ufficiali tra il caposervizio Gabriele Tadini, il gestore dell'impianto e il direttore. L'obiettivo è inoltre capire se ci siano state particolari indicazioni sull'uso dei forchettoni per disattivare i freni di emergenza. I telefoni dei tre sono infatti stati sequestrati nei giorni scorsi.
L'ipotesi al vaglio della procura
Al vaglio degli inquirenti anche l'ipotesi che in realtà i freni di emergenza funzionassero alla perfezione. A causare i continui blocchi dell'impianto potrebbe essere stata proprio la fune traente, in procinto di spezzarsi da giorni. Come spiega Corriere della Sera, a dirlo è il responsabile tecnico della Rvs di Torino Davide Marchetto, che ha eseguito i due interventi di manutenzione richiesti dal caposervizio Tadini sulla funivia di Stresa. "Se la centralina del sistema frenante segnalava una perdita di pressione, una delle ipotesi è che la fune di trazione si stesse muovendo dalla propria sede in maniera anomala". Marchetto è stato sentito dagli investigatori come persona informata sui fatti nella giornata del 27 maggio.
Sostiene inoltre che il giorno dell'ultimo intervento (il 30 aprile), Tadini non gli aveva parlato di questi dubbi. Lui si era quindi concentrato su altri lavori di manutenzione. "Ho controllato le teste della cabina 2, ma non della 3, quella crollata". In ultimo, il tecnico dice di aver chiamato Tadini il 3 maggio per sapere se tutto fosse in ordine. "Mi ha detto di sì e non ci siamo più sentiti".