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Tragedia Hotel Rigopiano: dalla Procura 23 avvisi di garanzia, anche per l’ex Prefetto

Nel mirino della magistratura numerosi amministratori locali e funzionari pubblici oltre ai responsabili dell’Hotel. Tra coloro che hanno ricevuto l’avviso di garanzia c’è anche l’ex prefetto di Pescara, Fracesco Provolo, il presidente della provincia di Pescara Antonio Di Marco e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta.
A cura di Antonio Palma
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La procura di Pescara che indaga sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano, travolto da una valanga lo scorso gennaio, ha emesso nelle scorse ore altri 23 avvisi di garanzia nei confronti di altrettante persone ritenute in qualche modo e a vario titolo collegate alla strage di Farindola in cui morirono 29 persone. Gli avvisi in queste ore sono in corso di notifica da parte delle forze di polizia incaricate agli interessati presso lo stesso comune abruzzese, la Provincia di Pescara e la Prefettura.  Tra coloro che hanno ricevuto gli avvisi di garanzia infatti ci sono numerosi amministrati pubblici tra cui l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, il presidente della provincia di Pescara, Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, e numerosi dirigenti pubblici degli enti locali.

La provincia di Pescara e il comune di Farindola erano già finiti sotto accusa dopo la prima parte dell'inchiesta per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, nell'aprile scorso, quando sul registro degli indagati erano finite sei persone. Tra di loro il presidente della provincia Antonio Di Marco, il dirigente delegato alle opere pubbliche della Provincia di Pescara, Paolo D'Incecco, il responsabile della viabilità provinciale, Mauro Di Blasio, il geometra comunale di Farindola, Enrico Colangeli, e  il sindaco della cittadina abruzzese dove sorgeva l'hotel, Ilario Lacchetta. Al direttore del resort Bruno Di Tommaso, invece, era stato contestata anche la violazione dell'articolo 437 del codice penale, che punisce l'omissione del “collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”.

I fatti contestati risalgono allo scorso 18 gennaio quando una valanga travolse la struttura alberghiera in cui quaranta persone, tra addetti e ospiti dell'Hotel Rigopiano, rimasero bloccati a causa della inagibilità della strada provinciale numero 8, impraticabile per le  forti nevicate. La valanga, staccatasi dal massiccio del Gran Sasso probabilmente anche a causa delle continue scosse di terremoto nel Cento Italia, travolse l'intera struttura spostandola e cancellando letteralmente l'intero resort. Dopo l'allarme lanciato dagli unici due che si trovavano per caso all'esterno dell'albergo, partì una massiccia mobilitazione di soccorritori che, dopo giorni di scavo, riuscirono a salvare nove persone rimaste sotto la neve e le macerie, mentre per le altre 29 non ci fu niente da fare.

"Sono contento per i superstiti ed ho la coscienza a posto, ma fa male che gli altri non ce l'abbiano fatta" ha commentato Quintino Marcella,  il primo che, senza essere creduto, lanciò l'allarme per la valanga che travolse l'hotel Rigopiano. "E' giusto che venga fuori la verità, non potevano essere solo poche persone, delle colpe sicuramente ci sono, ma non spetta a me dire di chi siano, per questo c'è la giustizia" ha aggiunto Marcella dal suo ristorante di Silvi. Il suo cuoco, Giampiero Parete, in vacanza a Rigopiano insieme alla moglie e ai due figli piccoli – poi tutti salvati – era uscito dall'hotel per prendere delle medicine in macchina, quando la valanga spazzò via la struttura. Parete lanciò l'allarme via WhatsApp proprio al suo datore di lavoro che però per lungo tempo non è stato creduto. "Ho chiamato tutto e tutti, ogni numero di emergenza e tanti privati. La mia mente era in panne, ho lanciato urli di aiuto a chiunque, mentre nei suoi messaggi Giampiero continuava a chiedermi quando sarebbero arrivati i soccorsi. Ricordo la sofferenza, il senso di impotenza, l'impossibilità ad agire, a fare tutto", ha concluso l'uomo.

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