Totò Riina: “Ogni 6 mesi Silvio Berlusconi ci pagava 250 milioni”
Totò Riina, l'ex capo dei capi della mafia di Corleone, oggi al 41 bis, parla. Parla al compagno d'aria, durante la sua ora d'aria in carcere ad Opera (Milano) e afferma che Silvio Berlusconi pagava Cosa Nostra periodicamente. Dichiarazioni tutte da accertare e da circostanziare ma che sono finite nelle intercettazioni disposte dai pm di Palermo nel processo "trattativa". L'ex capo di Cosa Nostra commentando i festini dell'ex premier il 22 agosto 2013, col compagno di ora d'aria, il pugliese Alberto Lorusso si lascia andare: "Che disgraziato, è un figlio di puttana che non ce n'è", riferisce, ascoltato dagli inquirenti. E poi, sempre riferendosi a Berlusconi afferma: "A noialtri ci dava 250 milioni ogni sei mesi". Il discorso si fa interessante per gli investigatori che da sempre cercano di capire come si articolava quel "patto di protezione" accertato con sentenza di Corte di Cassazione (sentenza Marcello Dell'Utri) con la mafia. "È venuto, ha mandato là sotto ad uno, si è messo d'accordo, ha mandato i soldi a colpo, a colpo, ci siamo accordati con i soldi e a colpo li ho incassati". E invece, come si è evinto poi dai processi, andò a Catania. Conferma Riina: "Gli hanno dato fuoco alla Standa ed i catanesi dicono: ma vedi di…. Non ha le Stande? gli ho detto: da noi qui ha pagato… così li ho messi sotto. Gli hanno dato fuoco alla Standa… minchia aveva tutte le Stande della Sicilia. Gli ho detto: bruciagli la Standa".
‘O curtu spiega ancora: "Quello… è venuto il palermitano… mandò a lui, è sceso il palermitano ha parlato con uno… si è messo d'accordo… Dice vi mando i soldi con un altro palermitano. Ha preso un altro palermitano, c'era quello a Milano. Là c'era questo e gli dava i soldi ogni sei mesi a questo palermitano. Era amico di quello… il senatore". Secondo i giudici il riferimento è a Marcello Dell'Utri, che Riina definisce quale "persona seria"; il "palermitano" dovrebbe essere invece il boss Tanino Cinà, colui che disse a Dell'Utri di spedire il mafioso Vittorio Mangano in qualità di stalliere ad Arcore quando Berlusconi cercava "protezione".