“Tornate a casa vostra”: coppia senegalese aggredita a Bologna, i figli finiscono in ospedale
“Te lo sputano in faccia il razzismo, te lo dicono proprio così, senza vergogna. E questo è triste”. Nabu Dieng è originaria del Senegal ma vive in Italia da quasi 25 anni. Il suo compagno, invece, da 36. E in tutto questo tempo, a nessuno dei due era mai capitata un'esperienza come quella vissuta qualche giorno fa, a Bologna, poco prima di raggiungere degli amici per una festa di compleanno. Appena parcheggiata la macchina davanti ad un circolo della periferia, dove ad attenderli c'erano alcuni connazionali, la coppia e i due figli di 9 e 18 anni (che in Italia ci sono nati), è stata infatti vittima di un'aggressione fisica, con offese a sfondo razziale, da parte di un gruppetto di avventori di un bar lì vicino.
Un'aggressione terminata con l'intervento delle forze dell'ordine, la fuga di alcuni componenti del gruppo (“Erano almeno in nove” ricorda Nabu), una denuncia già pronta per essere presentata e le cure al pronto soccorso per la loro bambina e per il figlio neomaggiorenne, affetto fra l'altro da drepanocitosi (una malattia genetica del sangue) che può portarlo “ad avere delle crisi in qualsiasi momento”, spiega la madre.
Tutto è cominciato dopo che, nel tragitto fra la loro auto appena posteggiata e l'ingresso del circolo, la presenza di due cani ha spinto la coppia a chiedere ai padroni, che stavano bevendo in compagnia in un bar lì di fianco, di legarli entrambi al loro passaggio. Nabu infatti ha paura dei cani, ma davanti alla loro legittima richiesta, la donna e il resto della famiglia si è ritrovata nel giro di pochi minuti a finire nel mirino del gruppetto, che ha preso ad insultarli pesantemente, fino alla vera e propria aggressione fisica.
“Il cane libero veniva verso di me, così ho cominciato ad urlare -racconta-, mentre una ragazza diceva di stare tranquilla, che non mi avrebbe fatto niente. Io però avevo paura, così mio marito si è intromesso per chiedere nuovamente loro di legarli”. La risposta della donna è tutt'altro che comprensiva: “Se avete paura dei canti, tornatevene a casa vostra”. “Io ho risposto che è questa casa nostra -riprende Nabu- e lei mi dice: no, non è qui casa vostra, perché siete dei n***i di m***a”. Da quel momento, inizia un lungo momento di tensione ripreso con il telefonino dal compagno. Spintoni, pugni, offese e la piccola di nove anni spaventata a morte nel vedere suo padre alle prese con una situazione che stava precipitando molto velocemente. “La bimba inizia ad urlare e a quel punto una donna la spinge e la butta per terra” racconta ancora Nabu. “A quel punto è intervenuto mio figlio di 18 anni, gli hanno strappato il gilet e anche lui ha preso delle botte”.
In tre, continua la donna, si sono inoltre avventati sul marito, fino a quando altri loro connazionali non sono intervenuti nel tentativo di placare gli animi. Poi è arrivata la polizia e “cinque di loro sono scappati via coi cani. Dopo è arrivata l'autoambulanza che ha portato i miei figli al pronto soccorso -continua-. Alla bimba hanno fatto male al collo e alla schiena, a mio figlio alla spalla. E anche mio marito ha ancora un dito gonfio. Faremo denuncia” assicura Nabu, alle prese anche col trauma che ovviamente questo episodio ha portato soprattutto alla bambina. “Stamattina mentre andavamo a scuola mi diceva: mamma, ma non è che quando andiamo fuori li ritroviamo? Questo è razzismo totale -conclude- perché se ancora oggi senti qualcuno dire “vai a casa tua n***o di m***a" è veramente una vergogna. È triste. Noi siamo persone tranquille, stavamo solo andando a divertirci”.