Torna libero Bellomo, il giudice che imponeva le minigonne alle borsiste: ma non potrà insegnare
Torna il libertà l'ex giudice Francesco Bellomo, finito ai domiciliari dallo scorso 9 luglio per maltrattamenti su 4 donne, tre ex borsiste e una ricercatrice della sua Scuola di Formazione per la preparazione al concorso in magistratura ‘Diritto e Scienza' di Bari, ed estorsione ad un'altra ex corsista per averla costretta a lasciare il lavoro in una emittente locale. La decisione è stata presa dal tribunale del Riesame, che ha così in parte accolto le richieste della difesa. Tuttavia, il togato non potrà insegnare almeno per un anno.
Il Tribunale ha infatti riqualificato i reati da maltrattamenti in concorso di cui è accusato Bellomo, ex giudice del Consiglio di Stato, in tentata violenza privata aggravata e stalking, e da estorsione in violenza privata, il che ha permesso di sostituire la misura cautelare dei domiciliari con il "divieto temporaneo, per la durata di dodici mesi, di esercitare attività imprenditoriali o professionali di direzione scientifica e docenza". Le motivazioni della decisione saranno rese note tra 45 giorni. "Il quadro ci sembra notevolmente ridimensionato rispetto alle accuse originarie. Faremo comunque ricorso per Cassazione appena saranno depositate le motivazioni, – hanno detto i suoi difensori, Migliucci e D'Oria – perché non riteniamo sia condivisibile che rispetto ad una impostazione di questo tipo si inibisca per 12 mesi l'insegnamento".
Secondo l'accusa, le borsiste della scuola di formazione di Bari dell'ex giudice Bellomo, dovevano attenersi ad un rigido dress code, per cui era a loro imposto di indossare tacchi a spillo e minigonne, rigorosamente diviso in "classico", "intermedio" ed "stremo" e dovevano "curare la propria immagine anche dal punto di vista dinamico per assicurare il più possibile l'armonia, l'eleganza al fine di pubblicizzare l'immagine della scuola e della società". Ad alcune aveva persino impedito di sposarsi altrimenti avrebbero dovuto rinunciare alla borsa, ad altre aveva imposto la "fedeltà nei confronti del direttore scientifico" e "l'obbligo di segretezza sul contenuto delle comunicazioni intercorse".