Torino, duemila studenti tornano in piazza dopo gli scontri: “Non vogliamo morire di lavoro”
Dalle 9 di venerdì mattina i giovani si concentrano in piazza XVIII dicembre, all'ombra di Porta Susa e stendono striscioni, occupano fisicamente la piazza. La polizia c'è, ma non si vede, sono concentrati nelle strade laterali, bloccate al traffico. Dopo gli scontri del 28 gennaio, in cui sono rimasti feriti una decina di manifestanti, la settimana è trascorsa cercando una mediazione tra le forze dell'ordine e i manifestanti, dinamica in cui è intervenuto anche il Comune di Torino, e le trattative si sono concluse concertando un percorso che ha consentito agli studenti di sfilare sotto l'Unione Industriale e il Miur.
Proprio sotto la sede dell'associazione delle imprese di Torino c'è stato un lancio di uova verso la polizia, schierata con una decina di agenti in tenuta antisommossa con scudo e caschi, e sono stati affisse e imbrattate di vernice rossa delle immagini di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, e Mario Draghi. Davanti alla sede del Miur, in corso Vittorio Emanuele II, altri manifesti con le immagini di Renzi, Berlusconi e molti altri, tutti responsabili, secondo i manifestanti, della morte di Lorenzo Parelli, 18 anni, caduto sul lavoro nel suo ultimo giorno di stage previsto dal programma di alternanza scuola-lavoro.
"Siamo riusciti ad arrivare sotto Confindustria – urlano dal microfono durante il lancio di uova – è la prima volta che succede nella storia delle manifestazioni studentesche". Le parole più forti le urla dal microfono Sarah, 19 anni: "Siamo qui dopo la morte di uno di noi, un ragazzo di 18 anni, schiacciato da 150 chili di trave di ferro, una morte da bestia all'interno di un luogo di lavoro in cui ci costringono con l'alternanza scuola lavoro. Siamo qui per non far dimenticare la morte di Lorenzo per fare in modo che non sia l'ennesima morte inutile in questo paese in cui di lavoro ci muoiono più di 1400 persone l'anno".
"Per noi l'alternanza scuola-lavoro va rivista completamente – spiega Alessandro Finetto, studente di 18 anni e rappresentante di istituto del Gioberti – non si possono mettere gli studenti nello stesso spazio e nello stesso contesto di lavoro in cui muoiono quattro persone al giorno. È necessario rendere l'alternanza un percorso realmente formativo e non uno sfruttamento".