Tomasi, atleta paralimpico: “Dopo la pandemia nessuna attenzione per noi, mai visto un declino così”
Grintoso, sorridente, felice. Andiamo a trovare Mauro Tomasi nella sua città, Riva del Garda, in provincia di Trento. Qui, tutti lo salutano e si fermano per fare due parole. Conoscono lui, la sua storia e le sue imprese. All'inizio del 2000 un incidente in moto lo costrinse in carrozzina con la sola mobilità di un braccio, il destro. Con quell'unico braccio ha sfidato l'impossibile portando a casa trofei e coppe da tutto il mondo. Le maratone sono la sua specialità, sono il suo forte "sì" alla vita che continua.
Se prima partecipava alle maratone con grinta e coraggio, oggi, si sente sempre un po' abbattuto ogni volta che si deve inscrivere. "Ho partecipato alla maratona di Roma", ci spiega, "e oltre ad aver pagato per partecipare, di solito gli atleti disabili non l'hanno mai pagata, ci hanno fatto partire per ultimi". Ultimi di tutti. "Immagina cosa vuol dire partire per ultimo. Nessuno ti vede, nessuno si accorge di te. Non riesci neanche a veicolare nessun messaggio. Come se non valessi niente".
C'è una nota di sconforto nell'incedere dei suoi pensieri. "Dopo la pandemia, con la ripresa delle competizioni, ho notato un forte declino nel mondo dello sport". Mauro Tomasi si riferisce alle attenzioni che vengono prestate agli atleti come lui. "Alla maratona di Padova non avevano i bus navetta con le pedane per i disabili. Fortuna che il mio accompagnatore aveva la bici per tornare indietro a prendere l'auto, altrimenti, finita la maratona avrei dovuto tornare indietro con la carrozzina".
Ancora alla maratona Lake Garda 42: "Anche qui, sono partito per ultimo. Nessuno ti vede, ti devi arrangiare, queste sono le condizioni se vuoi partecipare". Mauro Tomasi spera che tutto questo possa cambiare: "Io continuo senza mollare, questa è la mia vita e sensibilizzare su questi temi credo sia fondamentale per incoraggiare tutte quelle persone disabili che vogliono continuare a correre nella vita".