Ti racconto come l’attacco alla metro di Tokyo col sarin ha cambiato le città del Giappone per sempre
L’uomo preme forte il pollice sulla fronte della ragazza, proprio in mezzo agli occhi, e disegna dei piccoli cerchi continui. La donna è a terra, a pancia in su, ha gli occhi chiusi. Quando l’uomo le preme ancora di più il pollice sulla fronte, lei comincia ad ansimare, a dimenare tutto il corpo in preda a degli spasmi – quasi come se fosse colpito da delle forti scosse elettriche. Il pubblico e gli ospiti del talk show sono sconcertati – e anche un po’ preoccupati. Una spettatrice si copre il volto con le mani, un’altra è letteralmente a bocca aperta. Uno si avvicina alla ragazza sdraiata per capire se è tutto ok, ma l’uomo che le preme il pollice è calmo, sembra avere tutto sotto controllo.
Poi stacca il pollice. “Aspettiamo un attimo che si calmi”, dice. Dopo poco, la ragazza apre gli occhi. Il presentatore le mette davanti il microfono.
“Come ti senti?”
“Mi sento molto felice, ho raggiunto uno stato di soddisfazione energetica. Ho avuto anche una sensazione come se il corpo e la coscienza fossero in posti diversi”.
Tutti guardano l’uomo con stupore e ammirazione. Ha la barba, i capelli lunghissimi e indossa tunica e pantaloni di un arancione sgargiante. Si chiama Shoko Asahara, è il capo del culto religioso Aum Shinrikyō, e in Giappone è diventato una star da quando ha cominciato a circolare una foto che lo ritrae a gambe incrociate mentre levita. Va in giro, per radio e tv, a parlare dell’importanza dello yoga, della meditazione – e presenta il suo nuovo libro dove afferma di aver appreso, grazie a dei “metodi esoterici”, abilità soprannaturali – come la dimostrazione che ha fatto con la ragazza sdraiata, quando le ha, come dice lui, “passato l’energia”, assorbendo tutto il karma negativo.
Le persone pensano molte cose su di lui. C’è chi ne è incuriosito, chi lo ama o addirittura idolatra e chi lo reputa solo un ciarlatano manipolatore – e, piccolo spoiler -, è proprio quello che ha ragione. Nessuno, comunque, può immaginarsi che da lì a qualche anno, mentre quest’uomo continua le sue apparizioni in tv parlando di yoga, felicità e poteri soprannaturali, intanto ha ordinato agli adepti della sua setta di produrre delle armi chimiche per degli attentati. E proprio uno di questi, che è anche uno dei più mortali nella storia del Giappone, porta a un cambiamento nel Paese molto… particolare: la rimozione di quasi tutti i cestini dei rifiuti nelle stazioni delle metro.
La metropolitana di Tokyo
20 marzo 1995, è lunedì mattina e le strade di Tokyo si riempiono di persone che devono andare a lavoro. C’è chi corre, chi cammina a passo svelto, chi non guarda in faccia nessuno – e moltissimi di questi stanno andando a prendere la metro. La metro di Tokyo è uno dei sistemi di trasporto pendolare più trafficati del mondo. Ha 9 linee e 179 stazioni. Viene usata ogni giorno da quasi 7 milioni di persone – cioè, quasi la metà di tutta la popolazione di Tokyo.
La storia del gas sarin contenuto nei sacchetti
Quel 20 marzo, tra tutte quelle persone, c’è anche Ikuo Hayashi. Ha 37 anni e, per quanto giovane, fa già parte della, diciamo, super élite. E’ un cardiologo dell’ospedale di Keyō e il direttore di un importante Istituto di medicina. O meglio, era tutte queste cose.
Pochi anni prima Hayashi aveva lasciato tutto, lavoro e famiglia, per diventare un adepto della Aum Shinrikyō, la setta di Shoko Asahara. E quando quel 20 marzo sale sul vagone della linea Chiyoda delle 7:48 lo fa per uno scopo preciso: un attentato. Ha tre sacchette di plastica ricoperte con dei fogli di giornale che contengono in totale 1,3 l di sarin liquido – un letale gas nervino. Sfruttando il fatto che il vagone è pieno e i passeggeri sono schiacciati tra loro praticamente come sardine, Hayashi fa cadere per terra le sacchette di sarin, le buca con la punta dell’ombrello e esce. Fuori dalla stazione c’è un altro membro della setta, Tomomitsu, che lo sta aspettando in auto per fuggire. Intanto, il sarin sta facendo effetto sui passeggeri del vagone.
Ma che cos’è il sarin?
E’ un gas nervino prodotto per la prima volta da dei chimici nazisti. A inizio anni '90 le Nazioni Unite ne vietano la produzione classificandolo come arma chimica di distruzione di massa. A temperatura ambiente si presenta come liquido inodore e incolore ma si disperde molto facilmente nell’aria. Per venirne intossicati basta toccarlo o inalarlo – e in elevata quantità è in grado di attraversare la pelle a prescindere se si usi o meno una maschera antigas. Il sarin provoca una morte atroce. Attacca e distrugge il sistema nervoso centrale, causa la progressiva contrazione e perdita delle funzionalità dei muscoli, tra cui il diaframma. Quindi si comincia con vista offuscata, sudorazione, salivazione, spesso vomito, e poi iniziano degli spasmi forti e violenti, in tutto il corpo, fino al soffocamento o all’infarto. E se si viene contaminati da una dose minore, non letale, può comunque causare danni neurologici irreversibili – come vedremo in questa storia.
Hayashi, però, non è il solo a disperdere il sarin. Altri 4 adepti stanno seguendo lo stesso schema, ciascuno in linee diverse della metro.
Il racconto dei sopravvissuti all’attentato
Le testimonianze dei sopravvissuti sono tante e le ha raccolte due anni dopo l’attacco Haruki Murakami – quel Murakami – nel libro “Underground”.
Izumi Chiyoka ha 26 anni e sta andando nella ditta per cui lavora. Mentre si trova sulla linea Chiyoda, la stessa di Hayashi, a un certo punto, dice, le manca il respiro.“Improvvisamente il respiro si è bloccato, quasi m’avessero sferrato un colpo. Un malessere tanto forte che se avessi inspirato di nuovo, mi sembrava, le viscere mi sarebbero uscite dalla bocca. Mi sentivo del tutto svuotata. (…) un dolore così forte era davvero incredibile”. Tutti nel vagone cominciano a tossire, le persone non si tengono in piedi. Molti, compresa la ragazza, escono nella stazione più vicina – e intanto i passeggeri chiamano un controllore perché chiaramente qualcosa non va. Lui vede le sacche a terra e le porta via, senza sapere, ovviamente, che ci fosse del gas nervino dentro. Sia lui, che un suo collega, muoiono da lì a poco. Quando Chiyoka esce, sente il suono della sirena dell’allarme che segnala un’emergenza nella stazione. Neanche lei, però, può immaginare e, anzi, pensa si tratti di un incidente. Poi, però, vede tre persone distese a terra. Vicino a loro ci sono dei dipendenti della stazione e tutti, ricorda la ragazza, piangono a singhiozzi. Lei si avvicina: “Non è il caso di restarsene lì a piangere” e uno risponde “Non stiamo piangendo”, con la faccia piena di lacrime. Ed è vero, cioè, non stanno piangendo – o, almeno, non di dolore né tristezza e ovviamente nemmeno di gioia. Le loro pupille sono ristrette come punte di spillo, vedono tutto offuscato e i loro occhi bruciano come se del sapone ci fosse entrato dentro. È l’effetto del sarin, solo che ancora non lo sanno.
Poi c’è Michiru Kono, di 53 anni, un appassionato di bonsai. È in un vagone della linea Chiyoda quando il treno si ferma per, come dice l’annuncio, “un incidente”, qualcosa riguardo a un’esplosione di gas in una fermata vicino. In quel momento, però, un uomo e una donna svengono. Lui va a soccorrere l’uomo che è in preda a dei violenti spasmi. Gli prova a tenere le gambe che calciano in tutte le direzioni, ma non ci riesce, sembrano fuori controllo.
Poi sente una puzza, dice lui, come di “cipolle marce”, che ricollega all’annuncio dell’incidente, magari un’esplosione? e mentre corre via comincia a urlare “Gas! Gas!”. Fuori dalla stazione comincia a sentirsi male. Non vede più nulla, non riesce a correre – fino a che un uomo non lo vede e non lo porta in ospedale. Kono dice che, ad oggi, è sopravvissuto grazie a tre cose: “Il fatto che ho sentito un odore, il fatto che io sia corso subito via, il fatto che uno sconosciuto mi abbia portato in ospedale piuttosto che aspettare l’ambulanza”. L’ambulanza, infatti, arriva tardissimo sulla linea Chiyoda – così tardi che, per alcuni, come l’uomo che Kono ha provato a soccorrere, non c’è nulla da fare.
Le vittime: i morti e i feriti
Il giorno dell’attacco le ambulanze trasportano 688 pazienti – mentre quasi 5.000 persone raggiungono gli ospedali autonomamente una volta saputo che del gas nervino è stato liberato in metro. Sì, perché non si scopre immediatamente del sarin. E, anzi, molti vanno comunque a lavoro senza sapere di essere stati esposti al gas. Come Izumi Chiyoka, che ha poi sofferto per giorni, con la febbre a più di 40°, di una tosse dolorosissima. I morti sono in totale 14 e gli intossicati quasi 6000 – alcuni dei quali gravi e rimasti a vita con disabilità.
È il caso di Sachiko Asakawa, una donna che al tempo dell’attacco ha 56 anni, un lavoro, un marito e dei figli.Da quel 20 marzo rimane bloccata a letto per 25 anni, prima di morire. Il sarin le causa un’encefalopatia ipossica: non è più autonoma in nulla, non riesce quasi più né a muoversi né a parlare.Un quotidiano giapponese, il Mainichi Shinbun, racconta che quando durante una conferenza stampa le viene chiesto di commentare la sentenza contro gli attentatori, Asakawa riesce ad articolare solo due cose: “Pena di morte” e “Idiota”.
La nascita della setta Aum Shinrikyō e perché Shoko Asahara ha organizzato l’attentato
Ma perché è successo tutto questo? Partiamo dalle basi.
La Aum Shinrikyō è una setta apocalittica – i seguaci credono in una sorta di Armageddon, cioè, in un’apocalisse che accade sotto forma di guerra mondiale nucleare. E gli adepti sono gli unici a poter sopravvivere – ovviamente. Però, possono salvare le anime delle altre persone dall’inferno, o da spiacevoli reincarnazioni… uccidendole. In tutto questo, Shoko Asahara, è il fondatore – il santone, il messia da seguire o, come dice lui, “l’agnello di Dio” che assorbe il karma negativo dei suoi seguaci. E tutti pendono dalle sue labbra. Durante il processo del ‘97, un membro, Kazuo Konya, testimonia raccontando la sua esperienza. Dice che la setta prendeva soldi dagli adepti per dei rituali di iniziazione in cui veniva venduto loro il sangue di Asahara. E racconta che lui stesso ha pagato più di 8.100$ per berlo – in quella che chiama “iniziazione di sangue”. Ma non è l’unico a raccontare una cosa così. Altri testimoniano che i seguaci pagavano anche per le ciocche di capelli del loro leader e… per l’acqua della vasca dove si faceva il bagno. Dicono che alcuni hanno pagato 2.400$ per un’iniezione con delle sostanze sconosciute.
Dallo yoga alle armi chimiche
Shoko Asahara fonda Aum Shinrikyō come una classe di yoga e meditazione che mixa più dottrine – buddismo, induismo, cristianesimo – e non ha chissà che rilevanza nel Paese. Il boom ce l’ha nel 1989, quando il culto viene riconosciuto come religione ufficiale: a quel punto i suoi adepti salgono esponenzialmente, da una ventina di persone fino a circa ventimila. E sono solo gli inizi. Asahara approfitta di questa ondata di consenso per candidare 20 membri della setta in un partito, il Partito della Verità, per la Dieta giapponese, l’organo legislativo del Paese. E’ un fallimento sotto ogni punto di vista – prendono solo poco più di mille voti. Per Asahara è inaccettabile e comincia a diffondere l’idea di un complotto fatto da “massoni e ebrei” per ostacolare il culto. E così inizia a dare l’ordine di produrre armi chimiche – quindi da ben prima del ‘95, anno dell’attentato alla metro.
La setta arriva ad avere migliaia di adepti tanto in Giappone quanto in tutto il mondo. Ci sono alcuni avvocati che provano a intentare un’azione legale – facendosi anche portavoce di tutte quelle famiglie abbandonate dalle persone che hanno lasciato tutto per diventare membri della setta. E gli adepti rispondono con la violenza. Un esempio: un avvocato, Tsutsumi Sakamoto, viene ucciso brutalmente in casa, insieme alla moglie e al figlio. I loro corpi vengono ritrovati sei anni dopo l’attentato sulla metro. Ma non solo, ci sono anche altri casi. Altri episodi, precedenti al 1995, in cui vengono rilasciate armi chimiche nell’aria – ma che la polizia, ai tempi, non riesce sempre a ricondurre direttamente alla setta, nonostante i forti sospetti.
E qui arriviamo al motivo dell’attentato. Asahara viene a sapere da degli informatori che la polizia ha organizzato un blitz contro la sua setta previsto per il 22 marzo – e allora, a quel punto, pianifica l’attacco alle metro due giorni prima, il 20 marzo – così da ostacolare e depistare le indagini. L’Armageddon, la fine del mondo – quella tanto desiderata da Asahara e i suoi seguaci, non avviene. Però, parte un’indagine che porta a più di 200 arresti e a 13 condanne a morte – tra cui quella di Asahara e degli aggressori dell’attentato. Tranne per Hayashi, che collabora parecchio con la polizia, e viene condannato all’ergastolo.
La sicurezza e i cestini dei rifiuti
L’attacco alla metro di Tokyo è uno degli attentati terroristici più mortali nella storia del Giappone. È letteralmente un trauma nella storia del Paese. Dopo l’attacco il governo ha sviluppato un vero e proprio piano di risposta ai rischi chimici, che prevede una coordinazione più efficiente tra polizia, ospedali e specialisti in casi come questo.
Ma c’è stato anche un altro cambiamento, più particolare. Se oggi, mentre vi trovate nella metropolitana di Tokyo, dovete buttare una cartaccia, avrete tanti problemi. I cestini dell’immondizia sono pochissimi – in generale, nei luoghi pubblici, sono molto rari da trovare. Questo perché quel 20 marzo la paura che capitasse un altro attacco era tanta – e per ragioni di sicurezza si è deciso di rimuovere quei posti in cui potessero essere nascosti, più facilmente, gas tossici, bombe o esplosivi – e così hanno diminuito la quantità di cestini per i rifiuti. Ed è incredibile pensare come una tragedia di questo tipo possa tanto segnare un Paese, per il traume e le vittime, quanto cambiare le abitudini quotidiane dei suoi cittadini – che ora non buttano più, ad esempio, cartacce o lattine nei cestini delle metro.
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