The Amanda Knox story: quando l’opinione pubblica si divide su una ragazza di 24 anni
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Abbiamo conosciuto il nome di Amanda Knox ormai ben quattro anni fa, la notte di Halloween a Perugia. Come in uno di quei thriller che la televisione ci propone in serate autunnali, arriva una notizia che di fiction però ha ben poco: il terribile omicidio di una giovane ragazza inglese che si trovava a Perugia per il progetto Erasmus. Meredith Kercher, questo era il suo nome e Amanda Knox, una studentessa come lei, era appunto la sua coinquilina.
Fino a quella sera Amanda era solo una ragazza che veniva da Seattle e che desiderava vivere in Italia per studiare il nostro Paese e la nostra lingua. Classe 1987, nel 2007 aveva appena 20 anni. Una ragazza apparentemente come tante altre che studiava e che si godeva la vita in Italia. È stata sempre descritta infatti come una ragazza solare, con tanti amici, che amava uscire e “vivere” la cittadina universitaria che la ospitava. Lei e Meredith avevano prima di tutto questo in comune. Inoltre Amanda era bella, i suoi occhi azzurri, i suoi capelli biondi e il bel fisico contribuivano a non farla passare mai inosservata.
Una bellezza che forse è stata causa del sul male: troppe volte infatti, nel corso di questi quattro anni, Amanda è stata dipinta come una donna che amava sfruttare la sua beltà per manipolare gli uomini che si innamoravano di lei. Tante volte abbiamo sentito e letto che Amanda era così bella e "crudele" da poter anche arrivare ad uccidere la sua coinquilina. Dalla “Knox the fox” alla “Venere in pelliccia”: tanti, tantissimi gli appellativi cuciti ad arte sulla ragazza che immediatamente, all’indomani dell’omicidio, si è guadagnata l’aggettivo di bugiarda, soprattutto a causa delle prime dichiarazioni fatte alla polizia, discordanti e calunnianti. In effetti, Amanda dapprima sosterrà che nella notte in cui Meredith è stata uccisa lei non era in casa ma poi, qualche giorno dopo, verrà smentita dall’altro protagonista di questa storia, il suo allora fidanzato, Raffaele Sollecito, uno studente ventiquattrenne di Bari. Raffaele afferma infatti di aver trascorso la notte con Amanda ma che al mattino, ad una certa ora, si sarebbero separati.
Smentita da Raffaele arriva la calunnia: Amanda decide infatti di chiamare in causa, come autore dell'efferato omicidio, il proprietario di un locale frequentato dai ragazzi, il congolese Patrick Lumumba, che però si dimostrerà presto totalmente estraneo alla vicenda. Dopo una condanna in primo grado a 26 anni e quattro anni vissuti in galera in attesa del processo d’appello, questa resta la colpa di Amanda: condannata a tre anni di reclusione (ormai già scontati) per calunnia.
Le ultime dichiarazioni di Amanda in aula
"Sono innocente e voglio tornare a casa"
Un processo "Amanda – centrico"
Se il processo di Perugia viene da molti definito tale è chiaro che l’attenzione dei media si è presto spostata dalla vittima alla probabile assassina. Di Meredith, è triste dirlo, ci siamo quasi dimenticati ma Amanda non entrerà tanto facilmente nella spirale del silenzio. Tutto gira intorno alla studentessa americana, è stata Amanda sin dall’inizio la vera protagonista del film: i fotografi la preferivano agli altri coinvolti, i giornalisti si sprecavano con mille aggettivi che hanno contribuito a far dividere ben presto l’opinione pubblica. Chi dichiarava che un angelo così bello non avrebbe mai potuto far del male ad un’amica e chi, invece, la preferiva nella versione della ragazza maledetta che, anche solo per gioco, si sarebbe macchiata del delitto. Ancora oggi, dopo la sentenza della Corte d’assise e d’appello che la assolve per un reato che non sussiste, Amanda continuerà a far dividere. Già all’indomani del delitto c’è chi ha scritto un libro su di lei (“Angel Face” di Barbie Latza Nadeau, una cronista del “The Daily Best”) cercando di andare oltre l’impassibile faccia da angelo per scoprire la vera Knox e cioè una ragazza diligente con obiettivi e passioni ma anche una giovane donna che cercava continuamente emozioni forti, dal sesso alla droga e che, forse con le persone sbagliate, avrebbe potuto mostrare anche un lato oscuro sconosciuto ai più. C'è chi addirittura ha poi trasformato la sua storia in un vero film: “Amanda Knox: Murder on Trial in Italy” di Robert Dornhelm andato in onda in America. Il film ripercorre l’intero delitto di Perugia ma è conosciuto anche con il titolo di “The Amanda Knox story”, è chiaro dunque come l’attenzione sia focalizzata sulla vera protagonista che non è la vittima.
Intanto Amanda, scortata dai tanti reporter americani che hanno seguito il processo d’appello direttamente in Italia, ieri sera ha lasciato il carcere di Perugia ed oggi tornerà negli Stati Uniti, realizzando un desiderio che da troppo tempo lasciava trasparire dalle sue dichiarazioni.
Prima di lasciare l'Italia ha scritto una lettera nella quale ha avuto parole di gratitudine per tutti quegli italiani che hanno creduto nella sua innocenza, sempre urlata a gran voce. “A tenermi la mano e a offrirmi del sostegno e del rispetto attraverso le barriere e le controversie c’erano degli italiani… Chi mi ha scritto, chi mi ha difesa, chi mi è stato vicino, chi ha pregato per me. Vi sono sempre grata. Vi voglio bene. Amanda”.
La verità giudiziaria sul caso Meredith è stata scritta e per ora si conclude qui. Sarà lo stesso per quella mediatica? L’opinione pubblica smetterà di parlare di Amanda Knox? E lei, tornerà ad essere di nuovo una ragazza normale, come lo era, dopotutto, la sua amica Meredith?