“Nella scorsa settimana, abbiamo visto una rapida escalation dei casi di COVID-19, siamo al punto in cui ci sono più casi e morti nel resto del mondo che in Cina. I governi hanno messo in campo una serie di misure per il distanziamento sociale, tra cui la chiusura delle scuole e la cancellazione degli eventi pubblici, ma non si sono mossi con la stessa velocità per tracciare i nuovi casi, isolare le persone contagiate e rintracciare la loro rete di contatti. La strada più efficace per prevenire le infezioni e salvare delle vite è rompere la catena di trasmissione del coronavirus, ma per farlo è necessario testare e isolare le persone contagiate. Non si può spegnere un incendio da bendati. E non possiamo fermare questa pandemia se non sappiamo chi è infetto. Abbiamo un semplice messaggio per tutte le nazioni: test, test, test. Testate ogni sospetto caso di COVID-19, isolatelo e rintracciate tutti quelli con cui è entrato in contatto negli ultimi giorni”.
Sono passate quasi 24 ore da quando il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha pronunciato quello che è una specie di manifesto della lotta globale al coronavirus, con un lungo intervento che potete trovare nel dettaglio qui. Il messaggio è chiaro: dovete fare i test, individuare velocemente e su ampia scala le persone contagiate, isolare loro e rintracciarne i contatti in modo da ridurre la diffusione del coronavirus. Le misure di contenimento sono fondamentali, ma da sole non bastano se non conosciamo la misura del contagio, se non sappiamo contro cosa stiamo combattendo. Non si può spegnere un incendio bendati, appunto. E invece.
Invece in Italia stiamo andando da giorni e giorni nella direzione opposta, con la sola eccezione del Veneto. Al momento, la Regione che ha effettuato più tamponi è anche la più colpita, la Lombardia, che ha fatto 43565 tamponi, registrando 14.649 casi (dati al 16 marzo). Un dato insufficiente, data la diffusione del contagio, anche se nel caso lombardo andrebbe considerato il livello di sollecitazione di tutto il sistema sanitario e le difficoltà oggettive nel reperire personale, tecnici e materiale per effettuare i tamponi (l’esame è di per se piuttosto banale, ma richiede comunque tempo, soprattutto a causa di un meccanismo di raccolta dei campioni che spesso è lento e farraginoso). Ci sono però Regioni che fanno peggio e che dovrebbero invertire al più presto la rotta. Le Marche, una delle aree più colpite con 1242 casi, hanno esaminato poco più di 3mila tamponi; la Liguria con 2200 tamponi; il Lazio, che ha la bomba a orologeria della città di Roma, non ha raggiunto quota 10mila tamponi; la Campania, ferma a poco più di 2500 tamponi nonostante casi in aumento e l’incubo che la bolla scoppi a Napoli; addirittura la Valle d’Aosta, bloccata a 287 tamponi con oltre 100 casi già accertati.
Ci sono molte ragioni sul perché in Italia si facciano così pochi tamponi, alcune anche comprensibili e legittime. Molto però dipende dalle indicazioni dei vertici, come spiegava il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro: “La circolare del Ministero della Salute indica di sottoporre a test le persone sintomatiche. Altre politiche sull’uso dei tamponi non sono state esaminate”. Una linea dettata anche da Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza per le relazioni dell’Italia con gli organismi sanitari internazionali: “Chi ha dato l’indicazione di fare i tamponi anche alle persone senza sintomi, gli asintomatici, ha sbagliato. La strategia del Veneto non è stata corretta perché ha derogato all’evidenza scientifica”. E sostenuta, ancora adesso, da Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, secondo cui “estendere il test del tampone a tutti è irrealizzabile e provarci sarebbe anche dannoso”.
Nonostante l'invito dell'OMS, Ricciardi si è detto contrario, spiegando che l'Italia non ha la capacità per sostenere un simile sforzo di indagine ("la nostra capacita di analisi è tale che non riusciamo a farli nemmeno ai sintomatici") e parlando del rischio di un numero elevato di falsi positivi. Insomma, continueremo su questa strada, a meno che altri governatori non scelgano di seguire il modello Veneto (e a questo punto anche l'appello dell'OMS).
Nel frattempo, oltre ai dati oggettivamente buoni del Veneto (2473 casi con oltre 35mila campioni effettuati), è arrivato anche un altro studio a corroborare la tesi secondo la quale solo conoscendo le dimensioni dell'infezione è possibile adottare corrette misure di contenimento. Analizzando proprio il caso di Vo’ Euganeo, dove la quasi totalità della popolazione è stata sottoposta a campione, il professore ordinario di Immunologia clinica dell'Università di Firenze Sergio Romagnani ha mostrato come una percentuale molto alta “delle persone infettate da Covid-19, tra il 50 e il 75%, è completamente asintomatica ma rappresenta una formidabile fonte di contagio”. Concludendo: “È fondamentale cercare di scovare le persone asintomatiche ma comunque già infettate perché nessuno le teme o le isola. Questo è particolarmente vero per categorie come i medici e gli infermieri che sviluppano frequentemente un'infezione asintomatica continuando a veicolare l'infezione tra loro e ai loro pazienti”. È importante aggiungere che, anche se ci volessimo attenere solo alla necessità di fare tamponi esclusivamente ai sintomatici, dovremmo comunque darci da fare, come spiega Marcello Tavio, direttore di Malattie infettive alle ‘Torrette’, gli Ospedali Riuniti di Ancona e presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, al Manifesto: "Se in un’area determinata riesco a sottoporre a tampone tutte le persone sintomatiche e le isolo a domicilio in condizioni di sicurezza, o le porto in ospedale, è come se avessi ‘disinfettato’ l’area. Questa è l’ipotesi che ritengo più ragionevole. Ed è il motivo per cui noi della Simit ci battiamo perché il tampone sia esteso in tutta Italia, a tutti i casi sintomatici. Perché ormai in Italia il criterio epidemiologico non conta più niente. Soprattutto ora che Oms ha dichiarato lo stato di pandemia". Perché, come testimoniano centinaia di testimonianze, in queste ore si registra la difficoltà (per non dire l'impossibilità) di ottenere un tampone anche in presenza di una sintomatologia perfettamente compatibile con quella da coronavirus. Con un rischio elevatissimo, dettato dal non procedere alle necessarie misure di isolamento e contenimento della diffusione.
Servono dunque risorse per aumentare il numero di tamponi giornalieri il prima possibile, serve una migliore organizzazione dei punti di accesso, servono tecniche nuove ed efficaci per snellire il lavoro degli operatori e di chi materialmente è chiamato a effettuare il prelievo. Continua Tavio: "Noi lamentiamo la scarsità sia di laboratori dove poter effettuare il tampone con le necessarie garanzie di qualità, sia la scarsità di tamponi disponibili nei singoli punti di accesso. Abbiamo una domanda molto superiore all’offerta. Riteniamo che le istituzioni si debbano attivare per aumentare enormemente l’offerta, soprattutto adesso che siamo passati da una situazione di epidemia a una di pandemia, in cui resta di grande importanza sapere se una persona è affetta da coronavirus oppure no".
L'obiettivo è sempre lo stesso: capire con cosa abbiamo a che fare.
Insomma, testare, testare, testare, per limitare i contagi e per tenere in piedi l'intera struttura sanitaria. Lo capiremo?