Terremoto Marocco, Invg a Fanpage: “Poteva causare decine di migliaia di morti, ci saranno nuove scosse”
Il terremoto di magnitudo 6.8 che nella notte tra venerdì 8 e sabato 9 settembre ha colpito il Marocco nella regione di Marrakech ha causato, secondo il conteggio più aggiornato, oltre 800 morti. Ma il bilancio avrebbe potuto essere ancora più grave. Carlo Meletti, sismologo dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologica (Ingv) e per anni coordinatore del Centro pericolosità sismica dell'Istituto, ha spiegato a Fanpage.it le cause del terremoto, perché non ci sono rischi per l'Italia e cosa sarebbe potuto succedere se l'epicentro fosse stato alcuni chilometri più vicino a Marrakech.
Professore, ci si poteva aspettare un terremoto simile in quell'area?
Assolutamente sì. Di quell'area conosciamo le sorgenti sismogenetiche, cioè quelle grandi strutture che stanno in profondità, si muovono e ogni tanto causano dei terremoti. La zona è quella dei monti dell'Atlante, catena montuosa che attraversa tutto il Marocco, viene dall'Algeria e arriva fino in mare, all'altezza di Agadir. In passato è stata caratterizzata da forti terremoti: per esempio proprio Agadir fu completamente rasa al suolo nel 1960, in un sisma che fece circa 15mila morti.
Si parla comunque di oltre settant'anni fa.
Sì, fortunatamente non sono eventi frequenti lungo questa struttura. Forse per questo si pensa che il Marocco sia un territorio poco sismico, invece si trova in una cosiddetta fascia di deformazione. Tutto il Nord Africa, proprio fino all catena dell'Atlante, è una fascia di deformazione dovuta alla spinta dell'Africa da sud contro la placca eurasiatica. Infatti tutta la zona del Maghreb, anche Algeria e Tunisia, ha avuto in passato sismi molto forti. In questo caso comunque c'è stata una particolarità: normalmente i terremoti più forti in Marocco avvengono soprattutto sulla costa del Mediterraneo.
Invece questa volta l'epicentro è stato nel mezzo di una catena montuosa. Questo ha evitato che i danni fossero ancora più gravi?
Sì, è una zona relativamente poco abitata. Fortunatamente non ha interessato in modo importante Marrakech, che ormai è una megalopoli: in pochi anni è passata da 500mila a oltre un milione e mezzo di abitanti, che diventano molti di più considerando il conglomerato attorno a Marrakech. Per contrasto, la località più vicina all'epicentro (Adassil) ha circa 7mila abitanti. Se fosse stato più vicino di qualche decina di chilometri – era a circa 80 km da Marrakech – staremmo parlando di danni molto più importanti. Anche il numero di vittime sarebbe stato di un altro ordine di grandezza.
Si sarebbe potuto parlare di decine di migliaia di morti, in quel caso?
È difficile stimare senza conoscere la resistenza degli edifici, ma è possibile.
Adesso bisogna aspettarsi scosse di assestamento nell'area?
Sì, continueranno nelle prossime settimane, è normale. La prima è stata meno di un'ora dopo, con magnitudo 4.9, e al momento sappiamo che dopo ce ne sono state circa una decina più ridotte. Ma non è detto che la rete sismica in quella zona riesca a rilevarle tutte.
Ci possono essere conseguenze per l'Italia?
No, non ci saranno conseguenze da noi, che peraltro abbiamo già i nostri terremoti a cui pensare. Anche noi siamo nella fascia ‘schiacciata' tra l'Africa e l'Europa, ma un terremoto così forte come quello in Marocco può provocare un effetto a catena solo nel giro di qualche decina di chilometri. A febbraio, poche ore dopo il terremoto in Turchia (che aveva avuto magnitudo 7.8) c'è stata un'altra scossa con forza quasi uguale, su un'altra faglia. In quel caso si può parlare di una sorta di ‘effetto domino', ma si può verificare solo su distanze brevi, come detto.
La tecnologia che abbiamo a disposizione oggi per costruire edifici antisismici può prevenire situazioni di questo tipo? O ci sono scosse talmente forti che comunque i danni non si possono limitare?
Assolutamente le conoscenze di ingegneria sismica ci permettono di costruire edifici che resistano anche a terremoti molto forti. Torno ancora all'esempio della Turchia: in quella zona, tutti gli ospedali erano stati protetti con isolatori sismici. Cioè, sotto gli edifici c'erano delle specie di gommoni-ammortizzatori. E il giorno dopo il terremoto, tutti gli ospedali erano perfettamente funzionanti. Abbiamo la tecnologia per fare edifici sicuri.