Terremoto, ‘L’infinito’ di Leopardi da Visso a Bologna, ma l’originale è già a Napoli
Sarà la città di Bologna ad ospitare i manoscritti di Giacomo Leopardi conservati a Visso, nelle Marche, uno dei comuni più colpiti dal terremoto dell'altra sera. Lo ha annunciato il sindaco del capoluogo emiliano, Virginio Merola:
Oggi sentirò il sindaco di Visso, perchè con quel Comune avevamo già un rapporto per i testi manoscritti di Leopardi che esponevano nel loro museo. Li ospiteremo qui a Bologna.
Bologna non è gemellata con Visso, ma è entrata in contatto col municipio del maceratese qualche mese fa, dopo il primo terremoto nel Centro Italia. Di qui l'operazione di solidarietà che partirà nelle prossime ore. Il Museo dei manoscritti leopardiani di Visso custodisce sei copie ‘apocrife" degli Idilli: "L'Infinito", "La Sera del giorno festivo", "La Ricordanza" o "Alla Luna", "Il Sogno", "Lo Spavento notturno", "La Vita Solitaria", cinque sonetti in "Persona di Ser Pecora fiorentino Beccaio", "l'Epistola al conte Carlo Pepoli", la prefazione alla seconda edizione del "Commento" alle rime del Petrarca e quattordici lettere indirizzate agli Stella di Milano tra il 1825 e il 1831, alcune da Recanati altre da Bologna.
Il manoscritto originale alla Biblioteca Nazionale di Napoli
In realtà, il manoscritto originale e autografo del Sommo è conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli. "L'infinito", composto presumibilmente fra la primavera e l'autunno del 1819, approdò alle stampe solo sul finire del 1825, quando apparve, insieme con la "Sera", sulla rivista "Il Nuovo Ricoglitore" nella rubrica "Poesia". Ripubblicato l'anno dopo nei "Versi", entrò poi a far parte della compagine dei "Canti" nella edizione Piatti del 1831, dove occupa l'undicesima posizione fra l'Elegia I "Il primo amore" e "La sera del giorno festivo" vi fu anteposto nelle successive edizioni "Il passero solitario".
A Visso una versione ‘apocrifa'
Degli "Idilli" esiste, come è noto, un'altra stesura autografa, conservata dal Comune di Visso in provincia di Macerata: fu utilizzata sia per la stampa della prima edizione nel periodico milanese sia per quella, di poco posteriore, del volumetto dei "Versi" (1826), come attesta il visto della censura bolognese; databile con ogni probabilità a ridosso delle stampe, consta di ventiquattro facciate e tramanda l'ordine con cui i sei testi vennero pubblicati: 1. L'Infinito, 2. La sera del giorno festivo, 3. La Ricordanza, 4. Il sogno, 5. Lo spavento notturno, 6. La vita solitaria. Apocrifi, come ebbe a dimostrare incontrovertibilmente il Timpanaro nel 1966, gli abbozzi (due in prosa, uno in versi) editi a fine Ottocento dal Cozza-Luzi sulla "Palestra del Clero", che a lungo figurarono inclusi nelle edizioni leopardiane.
Il Museo dei manoscritti leopardiani di Visso aveva ricevuto le pregiate carte da Bologna. Erano di Prospero Viani, preside dello storico liceo bolognese Galvani, il quale "per angustie economiche aveva deciso di venderle per quattrocento lire". Il 29 marzo 1869 egli così scriveva: "Con grave dolore abbandono altrui queste preziose carte e mi sarà solo in parte attenuato se passeranno nelle mani di persone che le sappiano pregiare e conservare". Ad acquistarle fu Gaola Antinori, sindaco di Visso. Con una promessa, riferita dal sito del museo: "Ecco i manoscritti leopardiani che Visso conserverà per ornamento suo e per gloria d'Italia".