Terremoto Emilia, la storia di Matteo: “Dopo 10 anni aspetto ancora di rientrare in casa”
Venti secondi: tanto basta per cambiare per sempre la vita di decine di migliaia di persone. Finale Emilia, 20 maggio 2012. Alle 4:03 del mattino, in una notte maledetta di dieci anni fa, con un boato che sembrava il rombo di un treno in corsa, la terra della Bassa padana ha iniziato a tremare. Per venti spaventosi secondi il mondo si è fermato e ogni abitante dei paesi più vicini all'epicentro del terremoto si è aggrappato, letteralmente e con forza, a ciò che aveva più vicino. Poi la fuga precipitosa nelle strade, mentre si guardavano le proprie case accartocciarsi su se stesse. Una scena impossibile da dimenticare per chiunque.
È ciò che è successo anche a Matteo Veronesi, 61 anni oggi, 51 all'epoca dei fatti. Dalle prime ore, Matteo entrò a far parte della lunga lista di sfollati a causa del sisma: della casa in Piazza Verdi che aveva tanto penato a costruire, non restava ormai che un cumulo di macerie. "Mentre casa mia crollava, io stavo correndo all'ospedale per aiutare gli infermi che non potevano alzarsi dal letto", racconta ai nostri microfoni. "Mentre attraversavo la piazza, vedevo la torre dell'orologio e il Duomo crollare davanti ai miei occhi. Era impressionante".
Dopo aver dato una mano in ospedale, Matteo si è recato nel suo bar. "Non potevo più tornare a casa mia, perché nel frattempo le forze dell'ordine l'avevano resa inagibile. Per fortuna c'era il bar, dove sono iniziate ad arrivare diverse persone sfollate". Sì, perché il bar in cui lavora Matteo affaccia su un parco perfetto per accamparcisi. E così hanno fatto decine di persone e di famiglie, che hanno trovato nei locali tenuti aperti da Matteo h24 rifugio e consolazione.
"Veniva sempre più gente. Alla fine ci eravamo organizzati per dare dei pasti gratis, la gente veniva e qualcosa trovava sempre. Erano tutti allucinati, sembravano come degli automi, leggevo la paura nei loro volti".
Lui, invece, dice di averne avuta di paura solo durante quei venti secondi. "Dopo ero troppo preso da tutto quello che c'era da fare… No, non ho avuto paura, non so come mai", dice nel suo accento spiccatamente emiliano.
E poi arrivò la seconda scossa, il 29 maggio, in una zona compresa tra Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro. "E allora ne sono arrivati ancora di più, e noi davamo ospitalità come potevamo, senza scopo di lucro, è chiaro".
A dieci anni da quegli eventi drammatici, Matteo Veronesi non è ancora potuto rientrare a casa sua. Nonostante l'efficienza globale dei lavori di costruzione e recupero in tutto il territorio emiliano, lui è tra gli sfortunati che si sono visti allungare continuamente i tempi dei permessi, fino all'anno scorso, "quando finalmente sono iniziati i lavori", ci dice. "Ma ora sono di nuovo fermi a causa dell'aumento dei costi dei materiali e dell'energia. Mi hanno detto che così non possono andare avanti, e così il giorno del mio rientro in casa, che era previsto per agosto 2023, slitta a data da destinarsi, salvo un ulteriore intervento della Regione".
Nel frattempo, Matteo vive in un appartamento in affitto, rimborsato dalla Regione. Ma con la fine dello stato di emergenza, prevista per il 31 dicembre 2022, teme che anche gli aiuti finiranno. Durante una conferenza stampa del 19 maggio, il Presidente dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che è anche il Commissario per la ricostruzione, ha annunciato la firma di una nuova ordinanza per aiutare economicamente le imprese di costruzione in difficoltà a causa dell'inflazione e del carovita.
Intanto, nella giornata del 20 maggio, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si reca in due tra i Comuni più toccati dal sisma, Finale Emilia e Medolla.