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Terra dei Fuochi, sequestrati dieci pozzi avvelenati a Casal di Principe

Sequestrati questa mattina a Casal di Principe dieci pozzi contaminati da sostanze inquinanti. L’operazione è stata eseguita nell’ambito di una più ampia indagine che vede coinvolti due collaboratori di giustizia che hanno testimoniato sugli sversamenti di rifiuti tossici che interessavano proprio quell’area. Indagati quattro affiliati al clan dei Casalesi.
A cura di Angela Marino
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Dieci pozzi di captazione per uso irriguo sono stati sequestrati questa mattina a Casal di Principe, in provincia di Caserta, perché contaminati da sostanze inquinanti. Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari su mandato della Direzione distrettuale Antimafia. L'operazione è stata eseguita nell'ambito di un'indagine più ampia condotta con l'ausilio di due collaboratori di giustizia che avevano testimoniato dello sversamento illegale di rifiuti speciali nella zona ad opera degli affiliati dei Casalesi, il clan camorristico che è stato responsabile dell'interramento abusivo di rifiuti tossici nelle campagne del casertano negli ultimi trent'anni. Sul territorio erano state recentemente eseguite operazioni di carotaggio che avevano permesso di rilevare, dopo successive analisi, la presenza in quantità rilevanti di metalli pesanti tra cui stagno e berillo e di idrocarburi e l'inquinamento della falda. Quattro persone affiliate al Clan dei Casalesi sono state indagate con l'accusa di adulterazione delle acque con l'aggravante del metodo mafioso.

Solo pochi mesi fa nell'ambito di un'indagine analoga sui reati ambientali che vede al centro la cosiddetta Terra dei Fuochi, erano stati sequestrati tredici pozzi nel comune di Caivano, in provincia di Napoli. L'analisi di un campione delle acque aveva infatti evidenziato la presenza oltre misura di floruri, manganese e tricloroetano e di tetracloroetilene effetto degli sversamenti illegali da cui tutto il territorio dell'agro casertano è stato interessato per anni. Stessa storia per il comune di Acerra, i cui pozzi furono sequestrati anni fa perché contaminati dagli agenti inquinanti derivati dagli sversamenti illeciti che, sul territorio, erano invece nelle mani dei fratelli Pellini, un'altra famiglia coinvolta nel traffico di rifiuti.

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