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Terra dei Fuochi, controlli straordinari dall’estero rivelano: “Prodotti sani”

E’ quanto emerge dal report conclusivo di Global Gap, una delle più grandi organizzazioni internazionali di certificazione agroalimentare. Il paradosso: tra i prodotti analizzati e certificati c’è anche la rucola di uno dei campi sequestrati nella Terra dei Fuochi.
A cura di Gaia Bozza
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Terra dei Fuochi equivale a dire verdura al veleno? Una delle più grandi organizzazioni internazionali di certificazione, Global Gap, è venuta a verificare. In un documento, inviato in Italia a dicembre del 2013, l'organizzazione chiedeva nuovi campionamenti e analisi straordinarie ai produttori agricoli già certificati presso l’associazione che opera in oltre ottanta paesi del mondo ed è composta da più di cento organismi di certificazione indipendenti e accreditati.

La campagna di campionamenti straordinari è partita sotto la spinta del dibattito mediatico, e ha coinvolto tutte le aziende certificate nell'area della Terra dei Fuochi. L'esito? Eccolo qui: "I risultati dell'indagine hanno dimostrato che tutti i prodotti certificati sono entro i limiti di contaminanti massimi regolamentati dall'Unione europea – si legge nel documento finale, che Fanpage.it ha visionato –  Inoltre, questi valori  sono previsti in condizioni di produzione normali". Una conclusione che non lascia spazio a dubbi, che si inserisce però in un contesto di allarme e guerra di perizie, sequestri di terreni e dissequestri: con la fuga dei grandi marchi, la confusione su inquinamento e alimentazione, un terrore sparso su tutto che sta affossando l'economia e l'agricoltura. A fronte di nessuna certezza scientifica che vi sia veleno ovunque, nei prodotti delle province di Napoli e Caserta, assistiamo ad un continuo spopolamento e abbandono di campi.

Delle realtà produttive analizzate in Campania, 9 sono in provincia di Caserta e 4 in provincia di Napoli. Sono stati ricercati diossine e metalli pesanti: mercurio, piombo, cadmio. Sono stati setacciati i prodotti di tutti i campi messi sotto la lente. Per essere sicuri di non incappare nel brutto vizio italiano, l'organizzazione ha affidato l'operazione a campionatori indipendenti che provengono dal Nord Italia, "per garantire la piena indipendenza e minimizzare il conflitto di interessi e pressioni da parte di produttori e poteri locali".

Nel dettaglio, non è stata ritrovata alcuna traccia di mercurio nella totalità dei campioni analizzati e nessuna traccia di metalli pesanti è stata rintracciata nel 44 per cento dei campioni: completamente puliti. Per il resto, come si evince dalle tabelle riportate all'interno del documento, tutti gli inquinanti sono al di sotto delle soglie stabilite dall'Unione europea. Per il piombo, ad esempio: "Le tracce di piombo rilevate non hanno superato le linee guida e i valori sono generalmente bassi", si legge nel documento. "Valori – continua – che possono essere spiegati con una contaminazione ambientale generalizzata. Quindi non vi sono indizi per sospettare la presenza di una fonte aggiuntiva di contaminazione nei campi campionati".  Sono state trovate tracce di cadmio nel 33 per cento dei prodotti campionati, in ogni caso al di sotto dei limiti dell'Ue.  I prodotti sono stati testati anche per le diossine e il risultato è che "sono ampiamente entro i limiti raccomandati dall'Europa e non ci sono indicatori che dovrebbero far dubitare della loro salubrità".

Ma qui nasce il paradosso: tra quei prodotti certificati e controllati c'è anche la rucola di Caivano, in provincia di Napoli, zona da qualche tempo sotto la lente della magistratura. Ebbene, questa rucola proviene da uno dei campi sequestrati per sospetto avvelenamento delle acque del pozzo: le acque presenterebbero limiti fuori norma per alcuni inquinanti. "Una situazione incredibile – spiega Silvestro Gallipoli, agronomo che da tempo segue i produttori in quella zona – Una rucola che proviene da un terreno sequestrato viene analizzata dall'estero e si rivela assolutamente sana. E' una beffa: intanto la nostra agricoltura sta morendo". Queste certificazioni, insieme ad altre, sono confluite in un database che un gruppo di studio internazionale, la Task Force Pandora, sta raccogliendo: "E' importante – afferma Paola Dama dell'Ohio State University, che coordina il gruppo  – per ristabilire una corretta e trasparente informazione". Chi vuole, può inviare la certificazione agroalimentare in suo possesso all'indirizzo email: dmapla@gmail.com, oppure sul sito www.taskforcepandora.com.

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