L’architettura solare, teoria e pratica

È ben noto che il tema dell’architettura solare rientra nell’ambito più ampio riferito alla sostenibilità ambientale, concetto nel quale la produzione e l’uso degli involucri edilizi rientrano in maniera decisiva; basti pensare alle problematiche del consumo energetico, delle emissioni in atmosfera e dei cicli di vita dei manufatti architettonici e dei materiali che li compongono.
È un dato di fatto che l’attuale processo di riappropriazione delle tematiche legate al risparmio energetico, ha come spartiacque temporale la crisi energetica mondiale del 1973. L’elemento decisivo fu la generale presa di coscienza che l’approvvigionamento delle risorse fossili, oltre ad assumere un peso economico insostenibile, sarebbe diventato soprattutto un problema di equilibrio geopolitico mondiale, con conseguenze dirette sui paesi, come l’Italia, a forte dipendenza energetica dall’estero.
Finita l’illusione dell’energia facile e a basso costo in molti paesi, soprattutto europei, ci si rese immediatamente conto che questa condizione di subordinazione non negoziabile, avrebbe provocato grossissimi problemi di garanzia di approvvigionamento nel medio-lungo periodo; ciò era in gran parte dovuto alla forte instabilità politico-economica dei principali paesi esportatori di petrolio e di gas naturale. In Italia vengono perciò promulgati i primi interventi normativi atti a contenere i consumi energetici negli edifici; si assiste inoltre in alcuni casi più virtuosi, a una riscoperta dei dispositivi di guadagno termico solare sia passivo che attivo, e alla generale riconsiderazione delle teorie scientifiche basate sulla bioclimatica applicata alla progettazione degli edifici.

Attualmente i consumi energetici nella sola fase d’uso degli edifici, sono responsabili del 40% del consumo globale e per il 27% delle emissioni di CO2 in atmosfera, fattore determinante del processo di surriscaldamento del pianeta. A partire dalla conferenza sul clima di Rio de Janeiro (1992) vengono decise misure a livello mondiale, finalizzate alla riduzione complessiva delle immissioni inquinanti in atmosfera; successivamente attraverso il protocollo di Kyoto (1997) viene introdotto l’obbligo per i paesi firmatari di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. In Europa con la EPBD (Energy Performance Building Directive 91/2002) vengono tracciate le linee guida a cui i singoli paesi della comunità dovranno allineare gli apparati normativi in tema di risparmio energetico e prestazione degli edifici; con la direttiva 31/2010 è stato compiuto il definitivo salto di qualità prefigurando edifici a energia quasi zero a partire dal 2020.
Il tema contemporaneo della sostenibilità applicata alla pratica del progetto e della costruzione in architettura si delinea sempre più come equilibrio, sicuramente complesso e a volte instabile, tra pianificazione urbana, apparati normativi ai vari livelli (europeo, nazionale, regionale, comunale), teorie architettoniche, nuove tecnologie, processi della produzione edilizia e cultura diffusa sul tema del risparmio energetico. Si sta affermando sempre più il concetto che il periodo storico attuale, possa essere definito come “l’era dell’energia” o meglio della “presa di coscienza energetica” da parte dell’umanità. La Direttiva dell’Unione Europea 2010/31 prevede che dal 1° gennaio 2020 (2018 per gli edifici pubblici), tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere il bilancio energetico prossimo al pareggio: energia consumata – energia prodotta = quasi 0. L’obiettivo è quello di codificare le influenze che l’utilizzo di questi sistemi portano nel progetto e nelle forme dell’architettura, mentre la metodologia adottata prevede l’analisi e il confronto tra casi studio, sia alla scala del semplice edificio che dell’intorno urbano.
In questo quadro appare decisivo intervenire fortemente sul comparto edilizio sia di nuova costruzione che preesistente, sostanzialmente su due livelli: in primis con soluzioni sempre più innovative legate al contenimento delle dispersioni termiche (isolamento e tenuta all’aria dell’involucro); poi, ma non meno importante, con soluzioni di generazione energetica da risorsa rinnovabile, meglio se prodotta on site, che bilanci il consumo dell’edificio e limiti l’inquinamento atmosferico prodotto.
Tra le possibilità di generazione energetica da fonte rinnovabile, quella legata al solare (termico e fotovoltaico) sembra al momento la più praticabile o almeno la più sostenibile. Il fotovoltaico in particolare consente, attraverso la connessione alla rete, una possibile “condivisione energetica” tra gli edifici. Tante piccole micro generazioni sparse sul territorio potrebbero soddisfare parte, tutto o più del fabbisogno energetico dell’intera comunità: energia pulita, silenziosa, a chilometri zero, inesauribile. Sulla terra infatti arriva quotidianamente una quantità di energia pari a 10.000 volte l’intero fabbisogno mondiale. In termini teorici, potendo idealmente sfruttare una minima parte di questa radiazione con sistemi a conversione fotovoltaica, si potrebbe rinunciare da subito a qualsiasi fonte fossile e ridurre velocemente l’inquinamento e l’effetto serra; oltre al non trascurabile vantaggio da parte dei paesi poveri di risorse fossili, di non dipendere più dai ricatti dei paesi produttori o di quelli che detengono il controllo dei sistemi di approvvigionamento.
La realtà è che la strada da percorrere, soprattutto nei termini di innovazione tecnologica, è ancora lunga e gli effetti di una ipotetica fotovoltaicizzazione su larga scala, si intravedono lontani; sicuramente è possibile pensare ad un sistema integrato di produzione energetica attraverso un mix equilibrato di risorse rinnovabili, disponibili in una determinata zona geografica. Scendendo di scala è indubbio che questi sistemi sovrapposti all’architettura e al territorio, generano problemi di forma dell’architettura e di compatibilità ambientale.