Taranto, due fratelli fermati per l’omicidio di uno spacciatore: confessano

Avrebbero confessato i due fratelli, rispettivamente di 34 e 31 anni, fermati dalla polizia per l’omicidio del 32enne Giuseppe Axo, il pregiudicato ucciso sabato mattina a Taranto. La vittima – riferisce la polizia – era stata raggiunta da cinque proiettili esplosi da una mitraglietta, per poi spegnersi poco dopo il trasporto in ospedale. Nella sparatoria erano rimasti feriti in modo non grave due persone che si sono trovate in mezzo alla sparatoria. Immediate sono scattate le indagini della Squadra Mobile che, nel cuore della notte, hanno portato al fermo degli autori dell'efferato delitto.
Entrambi con piccoli precedenti, secondo gli investigatori covavano rancore nei confronti di Axo per contrasti nello spaccio di stupefacenti. Il 32 ucciso, pregiudicato noto alle forze dell’ordine, era a bordo della sua auto, una Lancia Y, quando è stato colpito: i killer gli avrebbero sbarrato la strada, nel quartiere Salinella, con un altro mezzo. L’uomo, cercando di mettersi in salvo, sarebbe uscito dall'auto dandosi alla fuga, ma non ha avuto scampo. I due fratelli ora dovranno rispondere di concorso in omicidio premeditato, duplice tentato omicidio, detenzione e porto di arma da guerra e ricettazione aggravata dell'arma. Interrogati, sarebbero emerso che Axo negli ultimi tempi avevano litigano spesso con loro, venendo anche alle mani. Questa sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In realtà, le indagini proseguiranno nei prossimi giorni per capire se ci siano anche contrasti legati alla gestione di attività illecite.
"Episodi come questo mi portano a fare due considerazioni – spiega il procuratore distrettuale antimafia Cataldo Motta – La prima è che c’è un’enorme disponibilità di armi. Dall’altra parte dell’Adriatico arriva tanta droga ed è facilissimo procurarsi anche armi pesanti: un kalashnikov costa 8 dollari". "La seconda – prosegue il procuratore – è che la situazione della criminalità organizzata a Taranto è molto fluida. Le nostre recenti operazioni, come Alias, hanno decapitato una cinquantina di esponenti di buon livello dei clan. Il vuoto di potere, con le prime file in carcere, ha scatenato guerre fra piccoli gruppi per la spartizione delle zone. Paradossalmente, quando la criminalità è vigorosa non si spara".