“Tanto il cavo non si spezza”: così il caposervizio della funivia del Mottarone prima della tragedia
Nella serata di sabato 29 maggio il gip Donatella Banci Bonamici ha disposto la scarcerazione di Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, indagati nell'inchiesta per la tragedia della Funivia del Mottarone. Il proprietario della Funivia e il direttore del servizio erano stati arrestati mercoledì mattina per il crollo della cabina che ha portato alla morte di 14 persone. Tra queste anche un bambino di appena 5 anni. Banci Bonamici non ha ritenuto sufficienti gli elementi per l'arresto di Nerini e Perocchio. Tadini invece resta agli arresti domiciliari dopo aver confessato la manomissione volontaria dei freni di emergenza per evitare blocchi dell'impianto. "Prima che si rompa un traente o una testa fusa ce ne vuole" avrebbe detto il caposervizio Tadini a un altro dipendente prima del blocco dei freni. Il tecnico gli aveva ordinato di non rimuovere il ceppo dalla cabina tre. Il dipendente allora aveva chiesto se la cabina potesse viaggiare con il forchettone inserito e persone a bordo. Tadini avrebbe replicato che la rottura di un cavo traente richiede diverso tempo e che quindi non poteva succedere nulla. Il quadro indiziario più grave resta al momento il suo. Secondo il gip, invece, per Nerini e Perocchio è "palese è al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare la totale mancanza di indizi a loro carico che non siano mere supposizioni". Secondo quanto scritto dalla giudice per le indagini preliminari, il quadro indiziario "già scarno è stato indebolito ulteriormente".
Le accuse di Tadini contro Nerini e Perocchio
Le decisioni sono state prese dopo una giornata di udienze con Nerini, Perocchio e Tadini, ancora tutti indagati per omicidio colposo, falso in atto pubblico e rimozione dolosa di sistemi di sicurezza. La permanenza in carcere non avrebbe motivo d'essere in quanto non vi è il rischio di fuga. Al momento la posizione più grave sarebbe quella del caposervizio, che ha ammesso di aver lasciato i forchettoni inseriti sul carrello della cabina. Se i freni fossero stati in funzione, così come appurato dagli accertamenti e dalle indagini, la cabina si sarebbe fermata dopo la rottura della fune e l'incidente non avrebbe causato vittime. Secondo Tadini, Nerini e Perocchio sapevano che la funivia era in funzione senza i dispositivi di emergenza. Entrambi hanno però negato la ricostruzione tramite i loro avvocati.
"Non sapevo dei forchettoni. Si tratta di una scelta scellerata di Tadini" ha dichiarato a tal proposito Perocchio, direttore d'esercizio della funivia. Il titolare Nerini ha invece affermato che la manutenzione e la sicurezza dell'impianto non erano di sua competenza. "Non potevo fermare la struttura. La sicurezza non è un affare dell'esercente. Per legge erano Tadini e Perocchio a doversene occupare" ha infatti affermato davanti ai giudici. Tramite il suo avvocato ha inoltre sostenuto di doversi occupare degli affari della società e di non avere alcun interesse a non riparare la funivia.
La svolta nelle indagini
Nel frattempo è stato individuato anche il capo della fune spezzato che insieme alla disattivazione del freno di emergenza è alla base della strage. Il punto di rottura del cavo trainante, sulla quale si sta indagando, coinciderebbe con la porzione rinchiusa nella morsa di acciaio che tiene unite due estremità della fune. La testa fusa, ossia la porzione del cavo ritenuta la più debole dell'intera struttura, è uno degli elementi principali che ha contribuito alla tragedia. L'ultima verifica sul cavo era stata effettuata il 5 novembre del 2020 con gli accertamenti magneto-induttivi fatti da una ditta specializzata sulle funi dell'impianto. Per legge proprio la testa fusa, tra gli elementi meno controllabili, andrebbe sostituita ogni cinque mesi. Si indaga ora sui controlli effettuati: la procura cerca di capire se nessuno si sia effettivamente accorto dell'elevata usura del cavo. Da giorni nella cabina crollata si sentivano strani rumori metallici, ma sui report redatti dopo i controlli di routine questi malfunzionamenti non erano mai stata segnalati.