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Svolta nel caso del “delitto del trapano”: dopo 29 anni c’è un indagato per la morte di Maria Luigia Borrelli

Dopo 29 anni c’è un indagato per la more ti Maria Luigia Borrelli, uccisa nel 1995 in un basso che la 42enne usava per prostituirsi. Gli inquirenti avrebbero individuato tramite il Dna trovato sulla scena del crimine un 60enne genovese con problemi legati al gioco d’azzardo. L’uomo, secondo l’accusa, avrebbe ucciso per portare via l’incasso della giornata di Borrelli.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Maria Luigia Borrelli
Maria Luigia Borrelli

Svolta dopo quasi 30 anni nell'inchiesta per l'omicidio di Maria Luigia Borrelli, la donna di 42 anni uccisa il 5 settembre del 1995 in vico Indoratori a Genova. Borrelli fu uccisa nel basso che usava per prostituirsi, un lavoro che la donna portava avanti parallelamente al suo impiego da infermiera.

Dopo 29 anni, gli investigatori della squadra mobile e della guardia di finanza, coordinati dal sostituto procuratore Patrizia Petruzziello, hanno eseguito questa mattina un decreto di perquisizione nei confronti di un 60enne genovese. L'uomo, che lavora in una carrozzeria, avrebbe contratto diversi debiti nel corso della vita per via di problemi legati alla dipendenza da gioco d'azzardo e secondo gli inquirenti, avrebbe ucciso la 42enne dopo aver consumato un rapporto sessuale, portandole via il portafoglio con l'incasso della giornata.

All'uomo, gli inquirenti sarebbero arrivati grazie a diversi elementi, compreso il Dna lasciato sulla scena del crimine. L'accusa per lui è di omicidio e rapina.

Due anni fa sul caso era stato registrato l'ultimo colpo di scena: una supertestimone aveva raccontato agli investigatori che la madre, ex infermiera come Borrelli, le aveva confidato di aver visto un primario del San Martino con graffi al volto e al collo alcuni giorni dopo il delitto. Il medico era deceduto nel 2021 e la comparazione del Dna, fatta attraverso alcuni parenti dell'uomo, aveva dato esito negativo appena un anno fa. Lo stesso esito negativo aveva portato in passato a scagionare una lunga serie di sospettati.

Il caso e il confronto del Dna sulla scena del crimine

Il Dna dell'assassino era stato trovato dagli investigatori di allora sulla scena del crimine ma non aveva mai dato corrispondenza con i sospettati. Ne aveva scagionato uno, anche se troppo tardi: prima che arrivassero i risultati, travolto dalla vergogna, si era ucciso lanciandosi dalla sopraelevata. Era il muratore Ottavio Salis, proprietario del trapano usato per uccidere la dona. L'attrezzo però si trovava sulla scena del crimine perché l'operaio era impiegato nei lavori di ristrutturazione del basso. Il muratore però non era presente al momento dell'omicidio e appurato questo aspetto, gli inquirenti hanno poi seguito altre piste. Fino a quella confermata oggi, a distanza di 29 anni dal delitto.

Il cold case è stato riaperto circa un anno e mezzo fa: conosciuto come "delitto del trapano", è stato rianalizzato da zero dopo le nuove testimonianze rivelate al Secolo XIX. La donna fu uccisa il 5 settembre del 1995 con un trapano e la traccia di Dna trovata nell'appartamento dove lavorava fu usata dagli inquirenti per cercare il colpevole e individuare il movente, causando un'ondata di suicidi tra i sospettati, poi tutti scagionati.

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