“Sulle persone trans troppi stereotipi”. Agnese, la prima transgender laureata a Catania
C'è ancora un nome maschile sul frontespizio della tesi. "Quello, per favore, non riprenderlo", dice Agnese con un sorriso. Tanto prima o poi, cambierà anche quello. A trent'anni Agnese Vittoria si è appena laureata con una tesi sull'omotransfobia nella stampa quotidiana. Lei, del resto, è la prima studentessa dichiaratamente transgender a laurearsi all'università di Catania, un ateneo che conosce bene le sue battaglie: la prima, alcuni anni fa, per ottenere il doppio libretto. Uno con il nome anagrafico, quello ancora oggi scritto sulla tesi; e un secondo libretto con il suo nome. "Una conquista più simbolica che altro: all'università è ormai tutto telematico, il libretto cartaceo non si usa più. E sui documenti ufficiali resta sempre il nome registrato all'anagrafe. Però ho apprezzato l'impegno e devo ammettere che in ateneo anche molti professori, al corrente della situazione, hanno sempre tentato di essere sensibili". Un comportamento rispettoso, che però non è sempre quello che viene riservato alle persone transgender.
Per questo motivo, quando è arrivato il momento di scrivere la tesi di laurea, non ha avuto dubbi e ha scelto l'argomento che le stava più a cuore: "Quando parlo di omotransfobia so di cosa parlo, perché la vivo sulla mia pelle. Ho cominciato il mio percorso di transizione subito dopo la maturità, la violenza è un caso estremo, che pure mi è capitato, ma esistono gli sguardi, le battute, la violenza psicologica, più sottile ma ugualmente temibile – comincia Agnese, intervistata da Fanpage.it – La cosa che mi ha sempre colpita è che di noi, delle persone come me, non si parla mai, tranne che in due occasioni: per motivi politici, cioè quando c'è da tirare in ballo il tema dell'identità di genere o dell'orientamento sessuale per sostenere una o un'altra posizione; o quando ci sono casi di cronaca, in cui spesso la presenza di persone transgender o omosessuali ha a che fare con sostanze stupefacenti o prostituzione, e quindi in qualche modo in associazione col concetto di vizio", spiega la neolaureata.
Si è messa, quindi, ad analizzare la stampa locale e nazionale, per scoprire che anche i crimini d'odio hanno più spazio se avvengono mentre si discute di iniziative di legge come quella proposta da Alessandro Zan. "Insomma – aggiunge Agnese – l'opinione pubblica costruisce le sue opinioni anche grazie all'informazione. Ma spesso è proprio l'informazione che dà un'immagine stereotipata delle persone lgbt+, anche quando non vorrebbe farlo: è giusto raccontare i casi di violenza, ma è anche giusto inserirli in un contesto culturale complessivo di esclusione per tutto quello che va al di là del binomio uomo-donna. Mi rendo conto, però, che spesso manchi proprio la conoscenza degli argomenti per poterli trattare al meglio, quantomeno con una base un pochino scientifica". Per questo, secondo lei, le tematiche di genere dovrebbero essere inserite nei percorsi didattici, "come la storia o la geografia: è un argomento con cui tutti, nella nostra vita, dobbiamo confrontarci. Perché non studiarlo?".
Anche un'intervista per una laurea, per lei, è un fatto strano. "Ci ho pensato: in fondo, chiunque potrebbe laurearsi. Cosa c'è di diverso per me? E poi mi sono detta: si parla di tante cose, perché non si può parlare anche di questo? Perché non provare a essere di stimolo a tutti i ragazzi e le ragazze come me, all'università di Catania e fuori, che magari possono vedere una volta tanto una narrazione diversa, che parli delle potenzialità che abbiamo e di quello che valiamo come persone?". Un modo, insomma, non solo per portare dalla teoria alla pratica il contenuto della sua tesi. Ma anche per dare coraggio e provare a cambiare le cose a partire da sé.