Sul giallo dei cacciatori morti a Celledizzo l’ombra di un terzo uomo: la verità dalla prova dello stub
Continuano le indagini sulla morte dei due cacciatori Massimiliano Lucietti e Maurizio Gionta, rispettivamente 24 e 59 anni, in Trentino il 31 ottobre e l'1 novembre scorsi.
Gionta si è suicidato 24 ore dopo il decesso del 24enne, in circostanze che in entrambi i casi restano avvolte dal mistero. Nell'auto, guidata per meno di 300 metri partendo da casa, Gionta ha lasciato un biglietto scritto a mano di getto: "Non voglio colpe che non ho".
Era stato lui il giorno prima a lanciare l'allarme in località Corè, poco sopra Colledipizzo a quota 1300 metri, dove giaceva il corpo di Massimiliano, amico di famiglia, colpito alla mandibola da un colpo di carabina che non gli ha lasciato scampo.
Non si sa se a sparare contro Lucietti sia stato Gionta, o almeno le analisi compiute dai Ris di Parma non hanno ancora fatto luce su quanto successo. Sulla definizione della traiettoria e il calcolo della distanza esatta del colpo di fucile, oltre allo stub, ossia le tracce di esplosivo lasciate sulle mani di chi ha da poco usato un'arma, si stanno ora concentrando gli esperti per stabilire se a causare la morte del cacciatore 24enne sia stato un incidente venatorio o un omicidio volontario ed anche l'eventuale ruolo del 59enne. Il 31 ottobre proprio Gionta era stato sottoposto allo stub, i risultati sono attesi a giorni.
Intanto, come riporta La Repubblica, sulla vicenda aleggerebbe anche l'ombra di un terzo uomo. I cacciatori interrogati dai carabinieri nella caserma di Cogolo avrebbero affermato che "le due vittime il 31 mattina non erano sole in quel bosco. Almeno una terza e una quarta persona, già sentite, erano in battuta poco lontano". Le indagini continuano.