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Suicidio del tenente della Guardia di Finanza Marco Stellato, la famiglia: “Troppi lati oscuri”

A un mese dalla morte per suicidio del tenente della Guardia di Finanza, Marco Ignazio Stellato, 26 anni, avvenuto nel suo ufficio del Comando Provinciale di Reggio Calabria, la famiglia cerca ancora risposte. “Pochi giorni prima era con noi ed era sereno, troppi i lati oscuri della vicenda. Non vogliamo attribuire colpe, ma vogliamo che si faccia chiarezza”. Intanto, proseguono le indagini per il reato di di istigazione o aiuto al suicidio contro ignoti.
A cura di Pasquale Zumbo
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Marco Ignazio Stellato, 26 anni, era un tenente della Guardia di Finanza, nel Comando Provinciale di Reggio Calabria da circa due anni. La mattina di domenica 29 agosto si è recato, come sempre, sul posto di lavoro, si è chiuso nel suo ufficio, ma non ne è più uscito. "Il giorno dopo, lunedì, mio fratello è stato trovato senza vita nel suo ufficio, si presume che si sia trattato di un gesto estremo, con la pistola d’ordinanza, ma secondo noi sono tanti i lati oscuri della vicenda, come il ritrovamento del corpo avvenuto solo ventiquattro ore dopo".

Sono le parole di Marinella Stellato, sorella del militare presunto suicida, che ritiene i contorni di questa tragica vicenda alquanto oscuri. «Fino al 24 mattina, appena qualche giorno prima della morte, Marco era qui con noi, a Macerata Campania, per le ferie. Era una persona assolutamente tranquilla – ricorda Marinella -, la stessa persona che conoscevamo da 26 anni. Una sensazione confermata da tutti coloro che, in quei giorni, lo hanno incontrato, quindi nessuno avrebbe mai potuto immaginare di ricevere una notizia del genere».

Possibile che Marco Stellato, quella mattina di domenica, non abbia incontrato nessuno e che nessuno abbia avuto necessità di contattare un Tenente della Guardia di Finanza e che nessuno abbia sentito il colpo di pistola che ha messo fine alla sua vita? «Al momento, non conosciamo tutti i particolari – spiega la sorella -, sicuramente avrà incontrato chi era di turno al corpo di guardia, per controllare gli ingressi al Comando. Poi, sembra che nessuno più lo abbia visto».

Quella domenica, a differenza dal solito, il Tenente non rispose al telefono e neppure ai messaggi dei familiari, facendo scattare l’allarme. «Lui si sentiva telefonicamente con mamma appena possibile – prosegue – e, quando non poteva perché impegnato a lavoro, inviava anche solo un emoticon o un “buongiorno” sulla chat della nostra famiglia. Quel giorno, invece, già dalla mattina fu impossibile avere contatti con lui. In un primo momento pensammo fosse normale, ma con il trascorrere delle ore iniziammo a preoccuparci».

Marco Ignazio Stellato era un ragazzo tranquillo, riservato, apprezzato per il suo carattere da tutti i colleghi. L’aver scelto di metter fine alla sua vita proprio nel suo ufficio è un altro dei tarli che tormenta la famiglia. «Marco aveva scelto questo lavoro, amava fare quel che faceva e sapeva anche che a Reggio Calabria avrebbe trattato indagini delicate – afferma Marinella Stellato -. Problemi sul lavoro? Non ne eravamo a conoscenza, anche perché era un ragazzo riservato, ci teneva all’oscuro delle sue preoccupazioni, anche perché viveva lontano, quindi non sappiamo se sul posto di lavoro aveva problemi. Quel che possiamo dire è che, nel privato, era tranquillo, come sempre».

Intanto, è stato aperto un fascicolo per reato di istigazione o aiuto al suicidio contro ignoti, un atto dovuto, con le indagini affidate alla Squadra Mobile e al Gico della Guardia di Finanza.

«Noi non vogliamo attribuire la colpa a nessuno – chiarisce la Stellato -, ma vogliamo fare chiarezza. Non vogliamo che finisca come tante altre morti nelle Forze dell’Ordine, bollate come suicidi ma per le quali non sono state fatte indagini approfondite. L’obiettivo non è trovare un colpevole – aggiunge – ma capire perché, solo nel 2021, quarantuno militari si sono tolti la vita. È il momento della chiarezza, non vogliamo che quello di mio fratello sia l’ennesimo caso caduto nel dimenticatoio. Dopo di lui, altri cinque militari sono stati ritrovati senza vita, un fenomeno agghiacciante. Sono uomini dello Stato, sono persone, non numeri».

L’apparente scelta di Marco, quella di togliersi la vita nel proprio ufficio, risulta inaccettabile per i familiari. «Fosse accaduto nell’esercizio del suo mestiere forse non sarebbe stato più facile da affrontare ma certamente più comprensibile – spiega con la voce tremante Marinella -. Avesse perso la vita in un’operazione rischiosa, dopo un po’ l’avremmo accettato perché il rischio faceva parte del suo lavoro, ma non così. È stato fatto da lui, o almeno così sembra dalla scena – precisa -, non si sa con certezza».

Ma è possibile entrare in una caserma, il proprio luogo di lavoro, e non uscirne più senza che nessuno se ne accorga? Questo è un altro dei dubbi che agita i familiari del Tenente Stellato.

«Ci chiediamo: “magari di domenica non ci sarà tutta questa affluenza di persone che entrano ed escono, quindi se entra un Tenente te ne accorgi. Perché nessuno si è poi chiesto se fosse ancora in Comando oppure no?». In realtà, non esiste un registro di ingresso ed uscita per i finanzieri (che comunque devono farsi riconoscere) ma solo per gli ospiti. Inoltre, durante la giornata, viene effettuato un cambio del turno di guardia quindi chi lo ha visto entrare non avrebbe potuto immaginare che il Tenente Stellato da quel Comando non sarebbe più uscito.

Ma cosa potrebbe averlo portato al suicidio? Problemi legati al suo lavoro o qualcosa attinente la vita privata? Domande che attendono delle risposte e che solo attente e approfondite indagini potranno fornire. «La nostra priorità è che non si spengano i riflettori su questa storia perché sono tante le domande che attendono una risposta, al di là dei motivi che hanno portato Marco a compiere quel gesto estremo. Tutto il contorno – conclude Marinella Stellato – appare ancora oscuro».

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