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Suicidio assistito, perché Mario ha dovuto raccogliere 5mila euro per poter morire in modo dignitoso

Mario (nome di fantasia) ha dovuto pagare 5mila euro per la strumentazione necessaria al suicidio assistito, senza che la somma gli sia stata rimborsata dallo Stato.
A cura di Giacomo Andreoli
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Circa 5mila euro. Questa la cifra che Mario (nome di fantasia) ha dovuto pagare per la strumentazione necessaria al  cosiddetto "suicidio assistito". Lui, 44enne marchigiano rimasto tetraplegico, ha tutti i requisiti della nota sentenza Cappato-Dj Fabo del 2019 per poter richiedere un fine vita dignitoso. Eppure lotta da un anno affinché gli sia riconosciuto ciò che gli spetta, tra continui rallentamenti e ingiustizie, ultima delle quali la richiesta di pagare.

Dopo un lungo iter che ha visto prima il "no" dell'Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (ASUR), poi una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona e ancora due diffide legali all'ASUR Marche, Mario lo scorso novembre aveva finalmente ottenuto il parere positivo del Comitato etico delle Marche. A febbraio era arrivata la scelta del farmaco: il tiopentone. Ma poi ancora altri intoppi.

In particolare la somma richiesta nelle scorse settimane a Mario è necessaria quasi interamente per acquistare uno strumento infusionale che non sarebbe nella disponibilità della sanità marchigiana. La cifra è stata versata dall'Associazione Luca Cosconi, che si batte da anni per una regolamentazione sul suicidio medicalmente assistito. È stata infatti lanciata una raccolta fondi online lo scorso venerdì, che in 24 ore ha raggiunto circa 20mila euro. Il caso ha generato diverse polemiche politiche a livello nazionale, mentre la legge sul fine vita che applica del tutto la sentenza Cappato è ancora al palo in Parlamento, dopo quasi tre anni dalla pronuncia della Corte costituzionale. Il ministro della Salute Roberto Speranza ha spiegato che "non è ipotizzabile che i costi siano a carico del paziente" e che su questo aspetto "il Governo, laddove ve ne sia bisogno, non farà mancare un tempestivo chiarimento e intervento".

Pur rinnovando la gratitudine per l'interessamento diretto da parte del Ministro Speranza, non possiamo non notare che il Ministro sembra confondere il futuro con il passato – replicano Filomena Gallo e Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni – Mario ha infatti già dovuto sborsare i 5mila euro". L'Associazione chiede di prevedere un risarcimento ed emanare precise direttive "affinché un episodio del genere non si ripeta". Secondo i volontari, infatti, "in assenza di una circolare ministeriale i Servizi sanitari regionali possono impunemente proseguire il boicottaggio della sentenza Cappato: l'inerzia parlamentare non può e non deve fungere da alibi per disapplicare le norme in vigore stabilite dalla Consulta".

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