Suicidio assistito, la storia di Martina Oppelli: “Perdo il mio corpo ogni giorno, voglio scegliere”
Il Tribunale di Trieste ha "affermato il diritto di Martina Oppelli a ricevere, dall'Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI), una rivalutazione delle sue condizioni per verificare se soddisfa o no il requisito del trattamento di sostegno vitale – ‘sentenza Cappato' – per accedere a morte volontaria assistita". A renderlo noto l'associazione Coscioni riferendosi al caso della architetta triestina di 49 anni affetta da sclerosi multipla da quando aveva 28 anni che oggi, senza l'aiuto di qualcuno, non è più in grado di fare nessuna attività quotidiana. Proprio ieri, in un'intervista rilasciata a Repubblica, aveva lanciato un appello ai legislatori: "Venite a vedere come vivo, prima di negarmi la libertà di scegliere. Il Parlamento deve sbrigarsi a legiferare. Servono leggi adeguate, perché può capitare di trovarsi in queste condizioni. E io non lo auguro a nessuno. Assisto giorno dopo giorno alla perdita del mio corpo, pezzo dopo pezzo. Mi rimane la mente e per ora anche il sorriso".
L'ASUGI aveva negato che la 49enne fosse dipendente da trattamento di sostegno vitale, ma Martina, da sola non può mangiare, bere, muoversi né assumere farmaci. L'ASUGI ha da oggi 30 giorni per le verifiche, poi dovrà pagare 500 euro alla donna per ogni giorno di ritardo oltre a spese di giudizio.
Dopo 8 mesi dal diniego della ASUGI l'intervento del Tribunale obbliga dunque a una nuova verifica delle condizioni di Martina che, nel frattempo, sono peggiorate. Il Tribunale di Trieste è intervenuto nuovamente, dopo il caso di ‘Anna', nei confronti della ASUGI. L'azienda sanitaria "ha negato l'accesso alla morte volontaria medicalmente assistita a Martina Oppelli perché ha ritenuto che non fosse tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e anche successivamente ha ritenuto di non dover effettuare nuove verifiche – sostiene l'avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale della Luca Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio di studio e difesa – Martina Oppelli ha bisogno di assumere una dose massiccia di farmaci ogni giorno per poter alleviare, seppur di poco, le proprie sofferenze che sono intollerabili. Utilizza la ‘macchina della tosse' per la presenza di secrezioni bronchiali che compromettono la respirazione. Dipende in tutto e per tutto dagli altri, senza la cui assistenza non potrebbe svolgere nessuna attività e funzione vitale", specifica la legale.
L'avvocata sottolinea anche che nel ricorso presentato veniva evidenziato che nel caso di ‘Anna' la ASUGI, dopo la condanna del Tribunale, aveva ravvisato "nell'assistenza continuativa di terze persone il requisito del sostegno vitale, mentre per Martina Oppelli negava questa lettura: situazioni simili ma decisioni diametralmente opposte".
"Karl Kraus scriveva ‘Chi ha qualcosa da dire? Faccia un passo avanti e taccia'. Io quel passo – ha commentato Martina Oppelli – non posso più farlo, dunque parlo. La decisione del Tribunale di Trieste denota grande sensibilità di chi ha saputo riconoscere il dolore in una creatura che, nonostante tutto, conserva sempre il sorriso sul viso. Ora vorrei che questo mio piccolo movimento immobile scuotesse le coscienze di chi ha la capacità e il potere di aprire varchi legali in muri che sembrano invalicabili".