Suicidio assistito di Mario, gli ultimi minuti prima di iniettarsi il farmaco: “Adesso sono libero”
Dieci minuti. Sono serviti dieci minuti per mettere fine alla vita di Federico Carboni, conosciuto in questi mesi con il nome di fantasia "Mario", primo paziente ad accedere al suicidio assistito legale in Italia, applicando la sentenza Cappato-Dj Fabo della Consulta del 2019. Il fine vita dell'uomo, 44enne marchigiano tetraplegico da 12 anni, dopo un incidente stradale, è stato privo di sofferenze: si è lentamente "addormentato". Un sorriso, abbracci e lacrime con i suoi cari, assieme alla serenità di una persona pienamente consapevole di ciò che sta facendo e della necessità di mettere fine al dolore. "Non siate tristi, non piangete per me, adesso volo via e sarò libero" ha detto l'uomo prima di spegnersi.
A raccontare gli ultimi minuti di Federico è l'Associazione Coscioni, che lo ha sostenuto nelle battaglie legali dell'ultimo anno per arrivare a questo momento. Ma testimoni sono anche i sui familiari. La madre ha detto che il figlio "ha fatto tutto quello che doveva". È stato proprio lui a iniettarsi il farmaco letale pigiando un tasto. Ma la cosa non sarebbe stata possibile senza i volontari dell'associazioni. Sono stati loro a pagare, tramite una raccolta fondi online, la strumentazione necessaria (e che non sarebbe stata nella disponibilità della sanità marchigiana), per poi a consegnarla a Federico assieme al farmaco: il tiopentone.
L'Associazione, ora, fa notare polemicamente di essersi dovuta sostituire allo Stato. La pensa allo stesso modo la senatrice e storica leader radicale Emma Bonino. "La latitanza della politica sul suicidio assistito – dice a La Repubblica- mostra che i legislatori hanno perso la testa, hanno perso la pietà e la compassione. E la destra la smetta di usare strumentalmente questi temi". Secondo l'ex ministra degli Esteri "a chi grida contro l’eutanasia va detto che non volerlo fare non implica automaticamente che altri non possano e non debbano farlo: si chiama libertà di scelta".
Quindi sottolinea che nel Paese "le questioni dei diritti e delle libertà non trovano mai spazio: non è il momento perché c'è un'emergenza o l'altra da affrontare". Secondo Bonino, invece, non si può più attendere: serve una legge sull'eutanasia legale. Nel frattempo, però, non ce n'è nemmeno una per regolare l'applicazione della sentenza della Corte Costituzionale, magari impedendo che i pazienti debbano pagarsi da soli la strumentazione o attendere un anno per avere l'ok da parte del comitato etico regionale, come nel caso di Mario. Parlando con La Stampa il ministro della Salute Roberto Speranza parla di "grande rispetto per il percorso e la scelta di Mario", ribadendo "l’auspicio che il Parlamento, nella sua autonomia, possa al più presto legiferare su un tema così delicato". Il ministro, però, dice che nel frattempo lavorerà per evitare l’ostruzionismo del servizio sanitario nazionale che si è visto in questo caso, facendo da subito applicare senza intoppi la sentenza della Consulta.