Suicidio assisitito, Felicetta Maltese e Virginia Fiume, disobbedienti civili: “Un diritto per chi soffre”
“Il rifiuto da parte di un gruppo di cittadini organizzati di obbedire a una legge giudicata iniqua, attuato attraverso pubbliche manifestazioni”. È la definizione Treccani di disobbedienza civile, la stessa portata avanti dai volontari di un'associazione, Soccorso Civile, nata nel 2015, su iniziativa di Marco Cappato, che ne è legale rappresentante, insieme a Mina Welby e Gustavo Fraticelli, per offrire informazioni e assistenza, sia logistica che economica, per poter andare in Svizzera e accedere alla morte volontaria.
In Italia non esiste ancora questa possibilità, anche se dopo una storica sentenza della Corte Costituzionale del 2019, relativa alla vicenda di dj Fabo, l’aiuto al suicidio è possibile legalmente, ma ad alcune condizioni. La persona malata che ne fa richiesta dev'essere affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, oltre che pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e dev'essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Tali condizioni devono essere state verificate dal Servizio sanitario nazionale, come accaduto nel caso di Federico Carboni, il quale lo scorso giugno ha potuto accedere al suicidio assistito senza che l’aiuto fornito configurasse reato. Negli altri casi, invece, recarsi oltre i confini per accompagnare chi vuole decidere da sé di porre fine alle proprie sofferenze, il rischio è di finire in carcere fino a 12 anni. Ed è esattamente ciò di cui sono consapevoli anche Felicetta Maltese e Virginia Fiume, le due volontarie di Soccorso Civile che nei mesi scorsi hanno accompagnato in Svizzera Paola, bolognese di 89 anni gravemente malata di Parkinson.
La storia di Felicetta Maltese e Virginia Fiume
Come nelle altre occasioni, al rientro in Italia si sono autodenunciate (con loro anche Cappato, in virtù del ruolo ricoperto) e in questi giorni si attende la decisione del gip sulle loro posizioni. Il collegio difensivo, così come la Procura di Bologna, ha chiesto l'archiviazione, sollecitando inoltre una questione di legittimità costituzionale, “perché l’inerzia del Parlamento evidenzia una discriminazione tra i malati che sono costretti ad andare all’estero”, ha spiegato l’avvocato Filomena Gallo, che è anche presidente dell'associazione Luca Coscioni.
“Non ho paura, è più forte la serenità che sento dentro, la motivazione che mi spinge. Agli amici che mi dicono che porteranno le arance ho chiesto dei libri” spiega, anche con ironia, Felicetta Maltese, 72enne di origine siciliana che però vive a Firenze. Pensionata, da sempre fa volontariato con gli anziani. “Sono consapevole dei rischi – continua – però è una battaglia che condivido, perché tutti abbiano gli stessi diritti. Sono contenta di farlo, perché a questa età la lotta ha ancora più senso. E perché è bene spendere la vita per qualcosa di buono e non qualcosa di futile”.
“La paura non è il sentimento prevalente, lo è di più la voglia di canalizzare una rabbia e trasformarla in un'azione, pacifica, più concreta per tutti e tutte” le fa eco Virginia Fiume, 40 anni appena compiuti. Co-presidente del movimento paneuropeo Eumans, il suo attivismo, dice, “è nato da quando sono ventenne, proprio con Piergiorgio Welby. Per me è quindi la grande motivazione è dare un contributo concreto a un'iniziativa che ha già vent'anni di storia”.
“Finora ho fatto tre trasporti” riprende Felicetta, che racconta: “Dall'esterno può sembrare una cosa triste, luttuosa, ma non lo è, perché la persona interessata è felice di poter realizzare un desiderio grande. È come un'ultima avventura da vivere serenamente, col cuore aperto. Ho sempre visto queste persone serene, Massimiliano (44enne toscano con sclerosi multipla accompagnato in Svizzera a dicembre 2022, ndr) ha scherzato fino alla fine. E durante il viaggio, nel quale si continua a mantenere quella relazione che si instaura al momento della conoscenza, qualche giorno prima, abbiamo chiacchierato come se stessimo andando in gita”.
Virginia, che invece ha nel viaggio con Paola la sua prima e finora unica azione di disobbedienza civile, aggiunge: “È stata un'esperienza estremamente vitale. La cosa che mi ha colpita più di tutte era il suo desiderio e l'intensità che ha messo in ogni passaggio. Il giorno prima della somministrazione del farmaco c'è una visita coi medici in cui la persona deve dimostrare in maniera inequivocabile la propria volontà: Paola poteva esprimersi, rispondendo a domande si o no, solo sollevando i pollici. Era un gesto molto faticoso per lei: è stato molto intenso vedere come caricava il corpo per compierlo”.
“Mi ha colpito inoltre la sua voglia di autodeterminarsi -prosegue Virginia Fiume-, ma è stata anche un'occasione per attraversare il tabù della morte, vedendola anche come un passaggio da una vita che non è più come quella che si desidera”. “Non mi sembra assolutamente giusto costringere una persona malata, che soffre tanto, ad essere prigioniera di un corpo che non gli consente nessuna libertà – sottolinea Felicetta- ci rimette di dignità”. “È una violenza, una coercizione” rimarca Virginia, che aggiunge: “Sarebbe bello che i parlamentari della Repubblica Italiana vivessero anche solo un minuto di un viaggio del genere per magari muoversi”.
L'anno scorso la Corte Costituzionale aveva bocciato la richiesta di referendum sull'eutanasia legale, vanificando le oltre un milione e duecentomila firme raccolte, ritenendolo inammissibile. È anche per tutti loro, assicurano, che le due volontarie (insieme a tutti gli altri dell'associazione, ormai più di una ventina) portano avanti questa battaglia. “Penso che la popolazione sia più avanti di chi ci governa", dice Felicetta. "I cittadini questa cosa la vogliono”. Inutile quindi sottolineare che “continuerò con la disubbidienza nella speranza che qualcosa si muova, anche perché credo nella forza dell'unione. Non possono condannarci tutti, abbiamo solamente rispettato i diritti di qualcuno che soffriva”.
Ricordando inoltre i “grazie” ricevuti per il loro impegno in prima persona, Virginia Fiume spiega: “Ho fatto questa scelta di disobbedienza civile anche perché amo la vita e perché penso che anche io se fossi in una situazione del genere sarei felice che qualcuno mi aiutasse a farlo. Ma il mio è anche un atto di fiducia nelle istituzioni dello Stato, perché un suo pezzo, che è il Parlamento, non è stato in grado di essere responsabile del suo ruolo, a differenza di altri”.
I dati dell'Associazione Coscioni
Secondo recenti dati dell'associazione Luca Coscioni, sono aumentate del 111% le persone alle quali, negli ultimi 12 mesi, si è fornito prima le informazioni e poi, in alcuni casi, un aiuto pratico sul tema, a partire dal modulo per la richiesta di verifica delle condizioni per accedere al suicidio assistito in Italia.
Intanto, in alcune regioni è partita una nuova raccolta firme per delle leggi di iniziativa popolare territoriali per accorciare i tempi di attesa di chi ne fa richiesta. “Mi sembra il tempo giusto per una legge sul suicidio assistito anche in Italia” conclude Felicetta Maltese, mentre Virginia Fiume infine dice: “Prima o poi ci arriveremo, di fatto su tante cose siamo già arrivati. Senza Piergiorgio Welby non sarebbe iniziata la riflessione, senza Eluana Englaro non ci sarebbe stato il testamento biologico, senza dj Fabo non ci sarebbe stata la svolta emotiva dell'Italia, con una sentenza che di fatto ha valore di legge. Ognuno di questi pezzi è stato fondamentale per dei cambiamenti, ma sarebbe più bello arrivarci per via parlamentare”.