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Suicidi in carcere, il Garante Mauro Palma: “Dati drammatici prodotto anche di un clima culturale”

Oggi l’Ufficio del Garante Nazionale delle persone private della libertà personale ha pubblicato un report sull’impennata dei suicidi in carcere nel 2022. Un’occasione per parlare con il Garante Mauro Palma dello stato dell’universo penitenziario italiano dopo la pandemia.
A cura di Valerio Renzi
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Già 79 morti in un anno nelle carcere italiane. Cosa succede nell'universo penitenziario italiano?

I suicidi in carcere sono anche il prodotto di un clima culturale. Più il dibattito pubblico ritiene che il carcere sia un posto esterno alla società, da dimenticare, senza non discutere mai di come cambiare le cose, tanto più chi vi è precipitato ha la sensazione di essere atterrato in un ‘non mondo' rispetto alla società. Questo ovviamente non vuol dire non parlare dei problemi, ma dobbiamo discutere del carcere e di chi vi è detenuto come di una cosa che ci riguarda non come una dimensione altra.

Quindi il primo passo secondo lei è cambiare il dibattito pubblico sul carcere, magari a cominciare da quei provvedimenti che potrebbero alleggerire il sovraffollamento ormai strutturale, piuttosto che vagheggiare di nuovi penitenziari…

Vede, è difficile da far capire: discutere di misure alternative alla detenzione, della funzione rieducativa della detenzione, di come far uscire le persone che non sono compatibili con la detenzione carceraria, vuol dire riconoscere l'appartenenza dei cittadini che si trovano ristretti alla collettività. Vogliamo parlare di persone che certo ora sono in carcere, ma che torneranno dal carcere. Il tono utilizzato invece è che se tante volte torni fuori, riemergi dal carcere comunque con uno stigma incancellabile, non come un cittadino da accogliere e sostenere.

Rimane che i suicidi, così come gli episodi di autolesionismo e la violenza nel mondo carcerario, ci parlano di luoghi che lungi dal rispettare il mandato costituzionale che gli è assegnato sono segnati da una sofferenza e un'afflizione che sembrano solo una punizione fine a se stessa..

La maggiore afflizione della detenzione è il tempo inutile, il tempo vuoto, la sensazione e la realtà di un tempo che ti viene solo sottratto. A questo va aggiunto la chiusura del carcere al mondo esterno, la difficoltà e l'impossibilità di comunicare con l'esterno anche quando questo non costituisce un pericolo per nessuno. Se andiamo a vedere l'età delle persone che si sono tolte la vita in questi anni in carcere, la media è di meno di quarant'anni. In dieci si sono uccise in cella più di 500 persone, molte delle quali nel fiore degli anni come si usa dire. Come avrebbero vissuto l'ingresso in carcere se gli fosse stato permesso di comunicare di più? Uomini e donne che sono cresciuti iper connessi con gli altri che si trovano da un momento all'altro scollegati, in un black out totale. Per molti è anche difficile da immaginare questa condizione.

A Ivrea 45 agenti della penitenziaria indagati per reati gravi come violenza e tortura, a Reggio Calabria sette arresti per reati simili contro i detenuti, poi le indagini sulla mattanza di Santa Maria Capua Vetere. Le indagini sulla violenza di Stato contro chi è ristretto sono ben più di campanello di allarme…

È utile discuterne, perché possiamo darne una lettura ambivalente. Mi spiego. Nel 2017 diedi un parere favorevole al provvedimento di legge che introduceva il reato di tortura, anche se la formulazione era imperfetta e lontana dalla definizione internazionale. Questo perché credevo che potesse essere utile a indagare alcuni tipi di reato, in particolare nei luoghi di restrizione, dava un segnale contro l'impunità di alcuni comportamenti da parte di chi detiene il monopolio della violenza, ovvero lo Stato.

Quindi più processi e indagati vuol dire che qualcosa sta cambiando?

Le inchieste spesso sono fatte dal NIC, ovvero il Nucleo di Investigazione Centrale dell'amministrazione penitenziaria. Questo è un fatto positivo soprattutto se pensiamo al quadro desolante di culture aggressive presenti in strati non marginalissimi del corpo di polizia penitenziaria. Ricordate il film su Cucchi? La scena in cui il magistrato neanche alza gli occhi per vedere le condizioni del detenuto che ha di fronte. Ecco è come se metaforicamente ora il magistrato, e con lui tutte le istituzioni, in molti casi non faccia più finta di niente.

Quali saranno gli effetti dei tagli della Manovra del governo Meloni alla spesa carceraria?

In questo momento il carcere è un ambiente particolarmente duro, dove vige tanta incertezza. È un bruttissimo segnale dal punto di vista simbolico, il taglio di 35 milioni in tre anni è un problema, ma dal punto di vista materiale non cambierà molto, di certo non miglioreranno le cose. Serve invece mostrare vicinanza istituzionale a chi si trova in carcere in questo momento, a chi ci lavora a ogni livello e a chi amministra la realtà penitenziaria.

Ha visitato in carcere il detenuto al 41 bis Alfredo Cospito, anarchico in sciopero della fame contro la sua condizione detentiva e l'ergastolo ostativo…

Ho incontrato Cospito in un colloquio riservato durato circa un'ora nel carcere di Sassari. Una visita volta prima di tutto a verificare le condizioni di salute e detenzione, ho parlato con la magistrata di sorveglianzre e con la direttrice del carcere, oltre che con i medici dell'ospedale. Come ho già avuto modo di dire non spetta al Garante nazionale alcuna valutazione di una scelta individuale, peraltro oggetto di una vera e libera discussione con la persona interessata, spetta però invece rendere atto dei verificati controlli quotidiani, dell’attenzione rivolta da tutti i soggetti istituzionali all’evolversi delle sue condizioni.

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