Se prima di subire uno stupro ho bevuto alcolici spontaneamente, lui è meno colpevole. È la clamorosa conclusione della Corte di Cassazione in merito alla condanna a carico di due cinquantenni colpevoli di aver stuprato una ragazza con la quale avevano cenato e a carico dei quali è stato scelto di non applicare l'aggravante prevista in questi in questi casi, perché per la Suprema Corte, la vittima stessa aveva bevuto tanto da “non riuscire ad autodeterminarsi”. Quasi che avesse ‘favorito' con il suo comportamento (tra le righe si legge ‘irresponsabile'), la condotta criminale di altri. Si tratta di una sentenza non definitiva, ma preliminare a un nuovo processo che potrebbe alleggerire, senza questa aggravante, la posizione dei due imputati, ma anche rappresentare un inquietante apripista per una serie di ‘alleggerimenti' di pena.
Il diavolo è nei dettagli e proprio nei gangli della sottile distinzione tra assunzione spontanea e assunzione forzata che si nasconde quello che ha tutta l'aria di un giudizio morale. Insomma, se ho bevuto da sola e non è stato il mio aguzzino a farmi bere lui è colpevole tanto quanto lo sarebbe se fossi stata sobria e avessi potuto difendermi. Io, però, sono ‘meno vittima' che se fosse stato lui a ridurmi in stato di ubriachezza, anche se la mia condizione psicofisica è la medesima, ovvero di ‘minorata difesa', con riflessi rallentati e capacità ridotte.
Cosa c'è di scioccante in questa sentenza? Molti eccepiranno che la Cassazione si è limitata ad applicare l'ordinamento vigente con la sua bilancia di attenuanti e aggravanti ed è proprio quello che è successo. Di allarmante per una vittima (chi dice che debba essere per forza donna, a proposito) è l‘orientamento giuridico che, ritenendo la vittima stessa ‘responsabile' delle sue condizioni di minorata difesa, non dà il giusto peso a una condotta ugualmente abietta: aver approfittato vigliaccamente della vulnerabilità di un altro essere umano.