Stupro di gruppo a Palermo, l’ombra del revenge porn: “Ho inviato il video a chi dovevo”
Le prove dello stupro di gruppo, di cui è stata vittima una ragazza di Palermo lo scorso 7 luglio, i carabinieri della stazione di Brancaccio le hanno trovate anche nelle chat di whatsapp di almeno uno dei sette indagati. L'attenzione dei militari è finita soprattutto sui messaggi scritti dall'unico ragazzo del gruppo che conosceva la ragazza e di cui probabilmente lei si era fidata per passare una serata in compagna. Serata che si è poi trasformata in un incubo: alla ragazza hanno offerto più drink e poi, quando era priva di forze, l'hanno trascinata in una zona buia e isolata vicino al Foro Italico a Palermo e l'hanno violentata a turno.
Le prove dello stupro: i video e i messaggi di uno degli indagati
Il conoscente della giovane – secondo gli atti della Procura – sarebbe stato l'indagato che durante la violenza sessuale di gruppo puntava addosso alla vittima la torcia del cellulare e riprendeva quello che stava accadendo in un video. La ragazza ha raccontato ai carabinieri che sarebbe stato poi lui durante la violenza a dire agli altri membri del branco: "Questo è uno stupro di massa".
Ma c'è di più: a inorridire sono anche i messaggi dello stesso indagato scritti i giorni successivi quando – a un suo amico estraneo ai fatti – raccontava quello che era accaduto. "Se ci penso – si legge in una chat – mi viene lo schifo perché eravamo ti giuro 100 cani sopra una gatta, una cosa di questa l'avevo vista solo nei video porno. Eravamo troppi. Sinceramente mi sono schifato un poco ma però che dovevo fare? La carne è carne".
In un altro messaggio si legge: la ragazza "dopo si è sentita pure male (…) era piegata a terra. (…) l'abbiamo lasciata lì e ce ne siamo andati via".
Perché c'è l'ombra del revenge porn
I carabinieri e il pubblico ministero hanno visionato i video girati quella sera dal giovane: durante lo stupro di gruppo il ragazzo infatti stava riprendendo tutto con il cellulare incitando gli amici e senza mia inquadrarsi. E proprio questi video hanno permesso di identificare gli autori del reato. La Procura nelle carte ha precisato: "Nonostante i filmati siano parziali e di breve durata, e quindi non rappresentino l'intera evoluzione della violenza sessuale, si colgono numerosi elementi a sostegno dell'ipotesi accusatoria, pienamente lineare con quanto dichiarato dalla parte offesa che fin da subito aveva specificato delle video-riprese".
Alcuni video potrebbe già averli cancellati la sera stessa perché spaventato di una possibile denuncia della giovane. Ma il giorno dopo i suoi messaggi hanno rivelato anche altro: secondo quando riporta la Procura, l'interlocutore con cui l'indagato stava scambiando i messaggi gli avrebbe fatto presente della possibilità di una denuncia da parte della vittima. Lo metteva in guardia: "Infatti stai attento a questi video", dice chi c'è dall'altra parte del cellulare.
L'indagato ha risposto così: "Ma infatti adesso li sto eliminando tutti, li sto mandando solo a chi li dovevo mandare e li elimino, perché non ne voglio sapere niente di questa storia".
Le indagini dei carabinieri riveleranno a chi sono stati mandati questi video e il contenuto di questi video. Certo è che il ragazzo – come testimoniato dalla ragazza che ha anche precisato che questo suo conoscente filmava mentre i suoi amici la violentavano – aveva ripreso lo stupro con il cellulare e che proprio l'indagato ha avuto fretta di inviare i video e cancellarli per evitare che ci siano prove di quanto accaduto sul suo telefono.
Sette arresti, tra gli indagati anche un minorenne
Alla fine la Procura di Palermo ha emesso un'ordinanza di misure cautelari nei confronti di sette ragazzi palermitani che ora davanti all'autorità giudiziaria dovranno difendersi dall'accusa di violenza sessuale: quattro di loro sono stati arrestati nella giornata di oggi venerdì 18 agosto, gli altri tre erano già arrestati lo scorso 3 agosto. Tra gli indagati, anche un minorenne. I giorni successivi la giovane aveva riconosciuto due aggressori, il resto è stato possibile grazie alle indagini dei carabinieri.