Stupro di gruppo a Palermo, D.i.Re: “Con no al rito abbreviato evitata vittimizzazione secondaria”
Comincerà il prossimo 15 maggio il processo in cui sono imputati i sei ragazzi accusati di aver stuprato nel luglio del 2023 una ragazza di 19 anni al Foro Italico di Palermo. I giovani avevano chiesto che venisse risentita la vittima, e a questa condizione avevano legato la richiesta di ammissione di rito abbreviato. Ma, essendo stata rigettata dal gup Cristina Lo Bue, il processo si svolgerà con rito ordinario.
Sono 7 le associazioni ammesse come parte civile al procedimento. Tra queste, l'Associazione nazionale Donne in rete contro la violenza (D.i.Re), rappresentata dall'avvocato Elvira Rotigliano, che a Fanpage.it ha spiegato perché è importante tenere alta l'attenzione su questo caso e anche perché il processo rischia di essere "imprevedibile" in quanto a esito e durata.
Perché l'Associazione Di.Re. ha deciso di costituirsi parte civile in questo processo?
"Abbiamo voluto dare un ulteriore messaggio di vicinanza e di solidarietà ma anche di concretezza. È uno degli obiettivi di D.i.Re, è scritto nel nostro statuto, e cioè l'essere visibilmente presenti nei processi per monitorare lo stato dell'arte su ciò che accade quando le vittime di violenza sono donne, ponendosi come sentinella per contrastare e prevenire tutte le forme di vittimizzazione secondaria che purtroppo avvengono e che si verificano nei procedimenti quando sono le donne che da vittime vengono poste in una posizione di accusa nei loro confronti rispetto a quanto accaduto. Vogliamo dare un segnale: siamo qui, siamo presenti, osserviamo e monitoriamo. Palermo in questo momento è una vetrina da questo punto di vista".
In che senso?
"Il caso di Palermo è balzato agli onori della cronaca per la sua efferatezza, ma anche per la giovanissima età degli autori e per la ferocia con cui si sono accaniti sul corpo della vittima nonostante il dissenso fosse stato più che manifestato sin dall'inizio. E purtroppo a Palermo, come spesso accade, ci sono pregiudizi. La città si è spaccata su quanto accaduto. Molti hanno fatto quadrato intorno agli imputati quasi screditando la vittima e cominciando a indagare sulla sua vita personale, sui suoi trascorsi e sulla sua famiglia. Hanno stigmatizzato il fatto stesso che questa giovane si trovasse in un un contesto in cui le "ragazze di buona famiglia" non vengono a trovarsi, come se la sua libertà fosse stata una concausa di quanto successo. Noi vogliamo scardinare questi pregiudizi".
Gli imputati avevano chiesto il rito abbreviato. Poi cosa è successo?
"È successo che questi ragazzi avevano chiesto un giudizio abbreviato, con una serie di condizioni, tra cui una irricevibile a parare di tutte noi che difendiamo le donne nei processi penali. Volevano cioè risentire la ragazza, che già è stata ascoltata 7 volte nel corso delle indagini. Ci siamo opposte a questa richiesta considerandola una ennesima forma di vittimizzazione. E anche la giudice che ha rigettato la richiesta di abbreviato ha dato atto del fatto che si sarebbe venuta a creare una condizione di vittimizzazione secondaria della ragazza, che la convenzione di Istanbul impone di prevenire. Essendo venuta meno una di queste richieste, gli imputati hanno chiesto il processo dibattimentale".
E il 15 maggio ci sarà la prima udienza. Cosa si aspetta?
"In quella data scopriremo chi sono i testimoni richiesti dagli imputati. Ma non c'è molto da aspettarsi. Ci saranno questioni preliminari e sarà dedicata alla presentazione delle prove, poi il collegio deciderà se ammetterle o escluderle e realizzerà un calendario di udienze. Credo che l'esito e la durata del processo siano imprevedibili. È un grosso processo, con sei posizioni da vagliare. Dovremmo avere pazienza".