“Stupri per terrorizzare e punire i civli”: Amnesty nella giornata contro la violenza sessuale in guerra
Quando si parla di vittime di guerra, si fa sempre più spesso riferimento a bambini, indifesi e donne. Con l'invasione della Russia in Ucraina, il tema degli stupri nei confronti dei nemici è tornato a farsi sentire più forte che mai, in particolare oggi che si celebra la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti, un crimine brutale, perpetrato spesso non solo contro le donne, ma anche contro uomini, ragazze e ragazzi e che rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, oltre che, come si legge sul sito del Governo italiano, "una grave violazione del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani ed uno dei principali ostacoli nel post-conflitto per la riconciliazione e lo sviluppo economico".
La data è stata scelta per commemorare l'adozione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU del 19 giugno 2008, che condannava l’impiego della violenza sessuale quale strumento di guerra. Per violenza sessuale nei conflitti si intendono stupri, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, aborto forzato, sterilizzazione forzata, matrimonio imposto e a qualsiasi altra forma di violenza.
Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, "la storia dei conflitti contiene sempre storie di violenza sessuale: le donne ‘nemiche' sono stuprate per terrorizzare i civili, punire i loro uomini che combattono o vengono offerte come trofeo di guerra alla soldataglia. Mentre ricorre quest'anno il trentesimo anniversario dell'inizio della guerra della Bosnia, è bene ricordare che vi furono almeno 25.000 stupri. Le sopravvissute raramente ottengono giustizia. I dopoguerra sono i tempi del loro dolore, delle loro cicatrici visibili e invisibili, della loro solitudine, del loro abbandono da parte dei governi", è stato il suo commento a Fanpage.it.
Anche se al momento la questione ucraina è sotto i riflettori, infatti, non bisogna dimenticare le vittime di violenza che si sono registrate nei conflitti degli ultimi anni. Come quello in Tigray, in Etiopia settentrionale al confine con l’Eritrea, teatro da mesi di un conflitto che vede l’esercito di Addis Abeba, a cui si sono unite le truppe della vicina Eritrea, in lotta contro il Fronte di liberazione popolare del Tigray (Tplf). Le testimonianze riferiscono di violenze sessuali "diffuse e sistematiche" perpetrate da uomini in uniforme. Nel suo briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 15 aprile scorso, Mark Lowcock, coordinatore dei soccorsi di emergenza, ha dichiarato che "non c'è dubbio che la violenza sessuale sia usata in questo conflitto come arma di guerra, come mezzo per umiliare, terrorizzare e traumatizzare un’intera popolazione oggi e una generazione successiva domani".