Terremoto L’Aquila, la Corte d’appello conferma che gli studenti sono morti per colpa dei loro “comportamenti incauti”
La Corte d'appello ha confermato il pronunciamento di primo grado del 2022 e ha scagionato la Presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità per la morte di 7 studenti in diversi crolli nel terremoto avvenuto all'Aquila circa 15 anni fa. Non ci saranno risarcimenti per i familiari delle vittime e le spese processuali resteranno a carico dei parenti dei 7 ragazzi deceduti. Per le famiglie dei ragazzi non sarà infatti previsto alcun risarcimento perché, secondo la Corte d'Appello, i giovani avrebbero assunto una "condotta incauta".
I parenti delle vittime dovranno anche pagare le spese legali: circa 14mila euro. A renderlo noto è il quotidiano abbruzzese "Il Centro" che riferisce che per i giudici, le cause del decesso sarebbero da ricercare "nelle decisioni delle vittime" assolvendo così da ogni colpa la Commissione Grandi Rischi che si era riunita all'Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del sisma, lanciando messaggi rassicuranti.
Sulla vicenda il Tribunale dell'Aquila aveva prima condannato a sei anni i sette che avevano partecipato alla riunione, per poi assolverli in appello ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, l'allora vicecapo della Protezione civile, la cui condanna a due anni è stata poi confermata anche in Cassazione.
De Bernardinis aveva presieduto la riunione al posto dell'allora capo della Protezione civile nazionale Guido Bertolaso e aveva aveva inviato messaggi rassicuranti subito dopo l'incontro. Questi messaggi avrebbero indotto gli aquilani a non prendere le misure tradizionali, tra cui quella di uscire di casa dopo una scossa.
Per quanto riguarda la sentenza sui 7 giovani deceduti dopo il sisma, è probabile il ricorso in Cassazione contro il pronunciamento della Corte di Appello dell'Aquila. Nella sentenza si leggono alcuni passaggi relativi agli studenti rimasti all'Aquila nonostante le scosse prima del disastro. Di Nicola Bianchi, i magistrati scrivono che "non vi è nesso tra le rassicurazioni della Commissione e la decisione del giovane di restare nella sua abitazione da studente". Il ragazzo però era rimasto all'Aquila poiché aveva un esame il giorno 8 aprile: la notte del sisma, dopo le 22.48, uscì in strada. La fuga, secondo il magistrato, dimostra che "le indicazioni di De Bernardinis non avevano rassicurato lo studente" e che quindi "non è da considerarsi vero che considerava le scosse non pericolose così come asserito dalla Commissione Grandi Rischi".