Studenti incatenati a Torino: “A Gaza le persone bruciano vive, via gli accordi con università israeliane”
Non c'è molta gente in giro in via Po quando un gruppo di studentesse e di studenti universitari si incatenano al grande cancello di metallo del Rettorato. Alcuni di loro stanno occupando Palazzo Nuovo, Università di Torino, da oltre due settimane.
Sono in quattro a legarsi con grosse catene e lucchetti, espongono un cartello che si rivolge direttamente al Magnifico Rettore, e tentano di partecipare alla riunione online del Senato Accademico. Quando però il rappresentante degli studenti al Senato cede loro la parola, il loro account viene silenziato.
"È questa la democrazia di cui tanto parlano? Ci hanno silenziato perché sanno che abbiamo ragione, che diciamo la verità. La verità è che a Gaza stanno commettendo un genocidio e e non è più accettabile che la nostra Università sia complice del massacro".
Si sono incatenati perché – dicono – "la nostra è una disperata richiesta di essere ascoltati. A Gaza le persone bruciano e noi qui stiamo parlando di scritte sui muri".
Il riferimento della studentessa è alle critiche del Senato Accademico ai modi della protesta degli studenti, che non intendono mollare molto presto.
"Rimarremo incatenati qui – spiega Ilaria, studentessa universitaria – fino a quando non verranno ad ascoltare le nostre ragioni davanti a noi".
"Noi vogliamo che cessino immediatamente tutti gli accordi che sussistono tra l'Università di Torino, il Politecnico di Torino e le università israeliane – dice Lorena, anche lei studentessa – abbiamo delle motivazioni solide, stiamo chiedendo all'Università di Torino di esprimersi su un genocidio in corso, ma invece che discutere della legittimità delle nostre richieste riceviamo soltanto critiche sui modi della protesta".