Stress e ansia scolastica: ora i ragazzi temono di ammalarsi per non perdere giorni di lezione
Gli studenti di oggi sono talmente stressati che anche quando stanno male non vogliono rimanere a casa per paura di perdere preziosi giorni di lezioni.
A dirlo è uno studio pubblicato lo scorso marzo da un team di ricercatori della Michigan University. Il documento, basato su circa 1.300 risposte raccolte tra famiglie con adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, ha cercato di analizzare il comportamento dei genitori statunitensi quando i figli si sentono poco bene e occorre decidere se mandarli o meno a scuola.
Dalle informazioni raccolte è emerso come ben due genitori americani su tre incontrino una certa difficoltà nel tenere i propri figli a casa quando si ammalano.
Il motivo? Il timore da parte degli stessi ragazzi che la mancata presenza in classe possa impattare negativamente sui voti, le attività scolastiche e anche le relazioni con gli altri compagni.
Tra salute mentale e fisica
In una società come quella americana dove il modello scolastico tende a offrire maggiori opportunità accademiche a chi ottiene valutazioni tendenti all'eccellenza, i giovani appaiono dunque sempre di più ossessionati dal risultato, spesso anche a discapito del proprio benessere psicofisico.
Sempre all'interno del medesimo sondaggio, tanti genitori hanno affermato di considerare le eventuali implicazioni scolastiche al momento di decidere se tenere a casa o meno il figlio malato. Un quarto di loro si è poi detto disposto a lasciare che i ragazzi non rinuncino alle lezioni anche in caso di malattia, a patto che non sia nulla di grave.
A fronte di tale situazione, vi è però un 19% d'intervistati che si è detto piuttosto preoccupato per la salute mentale dei figli, tanto da valutare periodicamente l'idea di concedere un giorno di riposo per ricaricare le batterie ed evitare pericolosi burnout.
Ma allora cosa dovrebbe fare una mamma o un papà per garantire il benessere dei propri figli?
Per Sarah Clark, co-direttrice del C.S. Mott Children's Hospital National, il compito dei genitori rimane sempre quello di valutare l'effettivo stato di salute dei figli per poi agire di conseguenza.
Il consiglio dell'esperta è quello di capire attraverso specifiche domande ("cosa ti senti?", "cosa dovresti fare oggi a scuola?") se un'indisposizione sia una "finta" o un vero sintomo di malessere fisico o psicologico.
La situazione in Italia
Stando ai dati di un report risalente al 2017, gli studenti italiani hanno dimostrato di soffrire di livelli di stress ben più elevati rispetto alla media OCSE, con il 70% dei ragazzi e ragazze che hanno dichiarato di provare molta ansia prima di un test –anche quando ritenevano di essere preparati – e di dover fare i conti con un carico di studio settimanale che si aggirava mediamente intorno alle 50 ore settimanali.
Le ragioni di una simile situazione possono essere molte e complesse: dalle consuete pressioni da parte degli adulti al condizionamento dei coetanei che, attraverso i social, favorisce costanti paragoni con i successi (e gli insuccessi) altrui.
"Dare la colpa ai professori per i troppi compiti rischia di essere una risposta troppo semplice e superficiale – spiega a Fanpage.it il pedagogista Luca Frusciello – se fosse così, tutti i ragazzi presenterebbero i medesimi schemi comportamentali. Questo invece non accade".
Ben più utile dunque occuparsi maggiormente del "contorno" che compone la vita di un bambino o di un adolescente, andando ad interessarsi di tutte quelle fragilità che possono esporre i giovani ad un disagio costante: insicurezze sopite, problemi relazionali, eventuali DSA (Disturbi Specifici dell'Apprendimento) o, perché no, un errato approccio educativo che non riesce a stimolare i talenti del singolo individuo.
E attenzione a non reputare bisognosi d'attenzione solamente gli studenti con qualche difficoltà. Anche gli allievi iper-performanti spesso faticano a gestire le aspettative che li circondano, finendo per sfociare in veri e propri esaurimenti nervosi.
"La scuola può concorrere al disagio di un ragazzo, ma non può essere la sola causa principale – prosegue Frusciello – Al massimo si può definire il sistema scolastico come un fattore di rischio per i casi più fragili. E spesso i genitori, con le loro insistenze e i loro comportamenti, concorrono ad accrescere questo rischio".