Strage Mottarone, indagine chiusa dopo 2 anni, verso processo 8 indagati: “Niente controlli al cavo”
A due anni dalla terribile tragedia della Funivia del Mottarone, in cui morirono 14 persone tra cui due bambini, l’inchiesta della magistratura è arrivata finalmente a conclusione e per otto indagati si va verso il processo. La Procura di Verbania infatti nelle scorse ore ha inviato l'avviso di conclusione indagini ai coinvolti nell’inchiesta, tra società e persone fisiche, atto che precede poi la richiesta di rinvio a giudizio e di processo.
Gli indagati per la tragedia della Funivia del Mottarone
Gli indagati, oltre alle società che gestiva l'impianto e quella incaricata della manutenzione, sono Luigi Nerini, titolare della società Ferrovie del Mottarone che gestiva l'impianto, Enrico Perocchio, direttore d'esercizio, Gabriele Tadini, capo servizio, Anton Seeber, presidente del CdA di Leitner, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. Stralciata invece la posizione 6 tecnici esterni per i quali dunque probabilmente ci sarà una richiesta di archiviazione.
Dopo la notifica degli atti di conclusione indagine, gli indagati avranno venti giorni di tempo per chiedere di essere riascoltati in procura, poi scatteranno le richieste di rinvio a giudizio, in vista del processo che potrebbe iniziare dopo l'estate con l’udienza preliminare davanti al Gup. Un processo che sicuramente sarà molto complicato e sarà caratterizzato sicuramente da perizie e contro perizie come lo è stato l’indagine condotta dalla procuratrice di Verbania Olimpia Bossi.
Le indagini sulla tragedia del Mottarone
Il procedimento giudiziario infatti dovrà accertare come e perché è avvenuto il crollo della funivia del Mottarone ma soprattutto dovrà stabilire la competenza in materia di manutenzione ed eventuali responsabilità sulle mancanze nei controlli, oltre ad accertare la catena di comando che portò a inserire i forchettoni responsabili della mancata attivazione dei freni di emergenza della cabina crollata.
Secondo le varie perizie tecniche disposte dalla Procura e dal Gip durante l’inchiesta, prolungata anche dalla richiesta di un nuovo supplemento di indagini, a fare cadere la cabina della funivia del Mottarone quel terribile giorno del 23 maggio del 2021 sono stati due fattori: la rottura della fune traente e la mancata attivazione del sistema frenante di sicurezza.
Secondo l’accusa, sul primo avrebbe influito una mancata manutenzione e i mancati controlli sulla fune, che era già lesionata e poi si è spezzata, mentre sul secondo l’inserimento dei forchettoni, ammesso dallo stesso caposervizio agli inquirenti riferendo di una consuetudine nota anche da altri e messa in atto per ovviare al malfunzionamento dell’impianto che altrimenti si bloccava di continuo. Affermazioni confermate dagli accertamenti sui video di videosorveglianza dai quali si evince che, nello stesso mese della tragedia, la cabina della funivia precipitata sul Mottarone avrebbe viaggiato sempre con i forchettoni inseriti.
Non furono effettuati i "controlli a vista mensili sul tratto di fune traente in prossimità del punto di innesto al carrello (testa fusa), previsti dal manuale d'uso e manutenzione" e dal "regolamento di esercizio", quindi non vennero rilevati i "segnali di degrado della fune (….)", che invece "si deteriorava progressivamente, sino a rompersi", proprio in corrispondenza dello stesso punto d'innesto in cui "presentava il 68% circa dei fili" lesionati" si legge infatti nell'avviso di conclusione indagini.
Per questo tra le ipotesi di reato contestate a vario titolo alle sei persone fisiche e alle due società indagate figurano l’attentato alla sicurezza dei trasporti, la rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, il disastro colposo, l’omicidio plurimo colposo, le lesioni colpose gravissime. Tra i reati cointestati anche il falso. Secondo l'accusa, infatti, il caposervizio Gabriele Tadini non annotava sul registro giornale le anomalie, i problemi e gli incidenti avvenuti sull'impianto mentre il direttore di esercizio Enrico Perocchio controfirmava le pagine del registro attestando che non c'erano stati episodi degni di nota, pur essendone invece a conoscenza.
Oltre cinquanta sono i familiari delle vittime indicati come parti offese. “Auspichiamo che il processo si possa ora celebrare in tempi veloci” hanno dichiarato i legali della famiglia di Eitan, il bimbo unico sopravvissuto alla tragedia, ritrovato ferito tra le lamiere accartocciate della cabina in cui sono state distrutte cinque famiglie. Eitan, all'epoca cinque anni appena, sarebbe stato salvato dall'abbraccio del padre, morto con la moglie, l'altro figlio e i nonni. Il piccolo ha riportato politraumi ed è rimasto ricoverato per diverso tempo all'ospedale infantile Regina Margherita di Torino.