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Strage migranti, i sopravvissuti: “Scafista ubriaco, da sotto sentivamo le grida”

I drammatici racconti dei minorenni sopravvissuti al naufragio a largo della Libia: “Il comandante, quella notte, beveva vino e fumava hashish”.
A cura di Susanna Picone
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Nasir, un ragazzo di 17 anni del Bangladesh, è tra i fortunati superstiti della strage di migranti avvenuta la notte tra sabato e domenica al largo della Libia. È uno dei ragazzi che sta tentando di chiarire quanto accaduto quella drammatica notte. Nasir ha raccontato il suo viaggio della speranza iniziato due anni fa, quando è partito dal suo paese. Poi è arrivato in Libia e lì ha lavorato come meccanico. “Eravamo una trentina, non di più – ha raccontato il ragazzo che ha pagato per un posto sul ponte – gli altri erano tutti dentro, chiusi. Quando si è avvicinata la nave l'uomo che era al timone ha fatto una manovra sbagliata ed è andato a sbattere contro il mercantile. Noi ci siamo spostati di corsa verso la prua e la barca è affondata in cinque minuti”. I racconti dei sopravvissuti al naufragio sono drammatici. Sopravvissuti che hanno parlato di una collisione a quanto pare dovuta a un motivo preciso. Il comandante “aveva bevuto vino e fumato hashish”. La rivelazione di Nasir è così inattesa e sconvolgente che, come scrive Gian Antonio Stella sul Corriere, sulle prime viene il dubbio che i traduttori abbiano capito male. Ma il giovane lo ripete più volte: il comandante, quella notte, era strafatto perché aveva bevuto e fumato.

La strage in pochi minuti – I ricordi dei minori, che si trovano in una struttura protetta a Mascalucia, a pochi chilometri da Catania, si intrecciano con quelli degli altri sopravvissuti trasferiti nel Cara di Mineo. Nasir ha raccontato i momenti del naufragio, le urla di chi stava per morire e chiedeva aiuto, l’attesa fino a quando qualcuno non li ha salvati: “Da sotto, dove erano chiusi gli africani, sentivamo salire invocazioni di aiuto: “Help! Help!”. È stato un attimo. Il peschereccio si è rovesciato e siamo finiti in acqua. Cinque minuti, non di più, ed è andato a fondo. Siamo rimasti lì, cercando di restare a galla, forse mezz’ora. Non si vedeva niente. I marinai filippini della nave hanno buttato giù delle scalette di corda. Mi sono aggrappato, sono riuscito a salire. Erano tutti gentili. Ci hanno dato del caffè, del tè, delle coperte… Era finita. Finita, finalmente”.

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