Strage di Macerata, Traini parla per la prima volta dal carcere: “Qui sono finalmente cambiato”
"Non sono il mostro che hanno sempre descritto. Di me si potrebbe pensare chissà cosa visto il motivo per cui sono in carcere. Sono recluso da quasi quattro anni e sto cercando di scontare la mia pena. Il mio reato era odioso per una larga parte della popolazione carceraria ma con il tempo i miei compagni hanno imparato a rispettarmi. Ho accettato le conseguenze di quel che ho fatto quando mi sono consegnato ai carabinieri". Sono alcune delle frasi della lunga lettera indirizzata all'AdnKronos e scritta a mano da Luca Traini, l'uomo che nel 2018 si recò nel centro di Macerata a bordo della sua vettura e sparò contro sei extracomunitari. Dopo aver sparato con la sua Glock 17, è sceso dall'auto nei pressi del Monumento ai Caduti e si è esibito nel saluto romano prima di consegnarsi alle forze dell'ordine. Agli agenti disse di voler vendicare l'omicidio di Pamela Mastropietro, avvenuto pochi giorni prima e compiuto da Innocent Oseghale.
Ora parla per la prima volta tramite una lettera di tredici pagine scritta e inviata dal carcere di Montacuto ad Ancona. "Spiegare cos'è il carcere a chi non ci è mai stato non è facile. Le condizioni degli istituti penitenziarie sono quelle largamente denunciate dai Radicali e dai sindacati della polizia penitenziaria. In questo stato di cose oggettivo ho comunque trovato la grande umanità di detenuti e agenti penitenziari" scrive in stampatello all'agenzia di stampa. "L'ideologia che ho manifestato altro non era che un'immagine fittizia che mi ero creato per contrastare il brutto del mondo", continua. Eppure Luca Traini ha agito con una lucidità agghiacciante il 3 febbraio del 2018 scegliendo le sue vittime esclusivamente per il colore della pelle. Dopo l'attentato, è sceso dall'auto con indosso il tricolore esibendosi nel saluto fascista, gesto collegato al periodo più buio della storia italiana.
"Anche il mio fisico rispecchiava quelle idee: quando sono entrato in carcere pesavo 132 kg, frutto di anni di palestra per rifarmi del bullismo subito a scuola – racconta -. Adesso preferisco un fisico atletico che non sia per apparire. Il cambiamento della mia anima probabilmente si riflette anche sul corpo. Qui in carcere mi alleno per passare il tempo, faccio meditazione e prego. Leggo molto e ascolto musica. Ho trovato sollievo anche nella scrittura". Traini, che è stato condannato a 12 anni di reclusione senza sconti né attenuanti, lavora da più di un anno come aiuto magazziniere nel carcere di Montacuto.
Su quanto avvenuto nel febbraio del 2018, Traini ha precisato: "Quella volta la mia mente si è scollegata dal resto e ho capito solo ora dove stavo sbagliando. Grazie a Dio non ci sono state ulteriori conseguenze dopo la sparatoria. I ragazzi feriti si sono ripresi. Allora non avevo progetti a lungo termine e davo tutto per scontato. Solo adesso apprezzo il valore della famiglia che non mi ha mai abbandonato né materialmente né emotivamente. Vorrei uscire di qui e vivere da uomo migliore di quello che sono stato fino ad ora. Vorrei laurearmi e magari lavorare in semilibertà". Traini torna inoltre sul delitto di Pamela. "L'ho sognata tante volte e vorrei andarla a trovare al Verano una volta uscito di qui. Dopo aver salutato lei, voglio visitare la tomba di mia madre".