Il 3 maggio 2011 la Corte di Cassazione condannava Olindo Romano e Rosa Bazzi all'ergastolo per la mattanza compiuta ad Erba l'11 dicembre del 2006. Quel giorno persero la vita quattro persone e una quinta fu ferita a morte. Nonostante il sigillo giudiziario, però, restano alcune anomalie intorno alla vicenda. Da questo punto di vista, senza alcuna pretesa di sostituirci ai giudici, proviamo a darne testimonianza. Ripartendo da dove tutto ha avuto inizio. La scena del crimine.
L’11 dicembre del 2006 una colonna di fumo si alzò da Via Diaz 25 ad Erba, in provincia di Como. Erano le 20.06.
Quando i vigili del fuoco arrivarono sulla scena del crimine per spegnere le fiamme capirono immediatamente che non si era trattato di un incidente domestico.
Al primo piano della palazzina scorsero Mario Frigerio con la carotide recisa. Era stato abbandonato sul pianerottolo in fin di vita da chi probabilmente lo credeva morto. La vera mattanza si trovava però concentrata altrove. Nell’appartamento di proprietà di Raffaella Castagna e Azouz Marzouk. Nel corridoio c’era il corpo della prima, aggredita a sprangate e finita con un coltello. Solo poco distante il corpo della madre Paola Galli, uccisa con le stesse modalità. Sul divano del soggiorno, seduto in una posizione innaturale e con le braccia aperte, c’era il corpicino di Youssef Marzouk di appena due anni. E al piano di sopra giaceva un altro cadavere. Quello di Valeria Cherubini, moglie di Mario Frigerio.
La strage di Erba: che cosa è successo quella sera?
Le indagini si concentrarono fin da subito sul marito di Raffaella, il tunisino Azuz Marzouk. Ma lui aveva un alibi di ferro. Nel giorno degli orrori si trovava in Tunisia. La Procura era completamente fuori strada. Ad un certo punto, però, l’attenzione degli inquirenti veniva catalizzata da una coppia di vicini di casa. Erano Olindo Romano e Rosa Bazzi. I due coniugi furono arrestati il 9 gennaio del 2007 e condannati all’ergastolo in via definitiva il 3 maggio 2011.
La scena del crimine
"Nonostante i numerosi e reiterati sforzi analitici profusi, è possibile concludere che i profili genetici relativi alle vittime sono stati ottenuti unicamente da tracce e reperti acquisiti sulla scena del crimine (appartamento delle vittime e scale del condominio) mentre i profili genetici relativi agli indagati sono stati ottenuti da oggetti e tracce acquisiti nel loro appartamento o nelle autovetture di loro proprietà o nelle loro disponibilità”. Così concludevano i RIS di Parma dopo dieci mesi di investigazioni scientifica. Dunque, nella palazzina di via Diaz non era stata rinvenuta alcuna traccia riconducibile a Rosa e Olindo. Nessuna nel camper di proprietà e neppure nel tragitto che gli stessi avrebbero percorso per scappare. Dall'ispezione dell'auto emersero dal bagagliaio due coltelli a serramanico e una tanica vuota di benzina ma risulteranno essere strumenti da lavoro di Olindo.
Al contrario, l’unica quantità esigua di sangue riferibile alla strage fu repertata, grazie all’utilizzo del luminol, sul battitacco esterno dell'auto di Olindo. La traccia in questione recava uno scarso quantitativo di materiale genetico appartenente a Valeria Cherubini ed era commista al materiale prodotto dall'attività di spegnimento del fuoco.
La perquisizione nella Seat Arosa di proprietà dei coniugi Romano era stata effettuata dai Carabinieri la stessa notte della strage. Ebbene, sul verbale di perquisizione era stato annotato non soltanto che quell’attività era stata svolta da uno dei militari che aveva fatto accesso alla scena del crimine, ma che quest’ultimo lo aveva fatto senza indossare i calzari.
Dunque, considerata la ridotta percentuale di traccia genetica, è verosimile giustificarne la presenza parlando di contaminazione. Sicuramente involontaria. Ma contaminazione.
Inoltre, secondo quanto stimato dagli inquirenti la mattanza sarebbe stata compiuta in 15 minuti. Dunque Rosa e Olindo, in un lasso temporale così ristretto, avrebbero ucciso quattro persone, ferita mortalmente una quinta, e ripulito completamente l’automobile e gli interni. Il tutto senza lasciare traccia nell’appartamento degli orrori.
I reperti mai analizzati
All’interno dell’appartamento di Azouz e Raffaella furono repertati elementi mai analizzati: un mazzo di chiavi, tre giubbotti, formazioni pilifere sugli abiti di Youssef, un accendino e 19 mozziconi di sigaretta. Questi ultimi sarebbero stati di notevole interesse investigativo. Difatti, nessuna delle vittime fumava e neppure coloro che sono stati condannati in via definitiva. Chi ha fumato quelle sigarette in casa di Raffaella?
La pista che porta ad Azouz Marzouk
Nell’immediatezza dei fatti le indagini si concentrarono sul marito di Raffaella Castagna, tunisino con precedenti per droga. Era da poco uscito con l’indulto. Ma Azouz il giorno della strage si trovava in Tunisia per fare visita ai genitori. E gli inquirenti non poterono fare altro che confermare il suo alibi. Così iniziarono a pensare a una possibile ritorsione o a un regolamento di conti. Si vociferava infatti che Azouz avesse avuto dei problemi nei diversi mesi di detenzione.
Il teste chiave Mario Frigerio
L’unico sopravvissuto alla strage fu Mario Frigerio che diverrà anche il testimone chiave. Il Sig.Frigerio parlerà per la prima volta il 15 dicembre. Di seguito un estratto delle sue dichiarazioni rese al Pm Pizzotti.
PM: Era bianco di carnagione? Scuro?
Frigerio: Olivastro. Olivastro.
PM: Olivastro
Frigerio: Olivastro, capelli corti, tanti, abbastanza grosso e forte come un toro.
PM: I capelli erano bianchi o neri?
Frigerio: Neri.
PM: Lei non l'ha mai vista quella persona prima?
Frigerio: No, mai.
Non proprio una descrizione corrispondente alle caratteristiche somatiche di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Dopo essere stato sentito, Frigerio fece altresì inviare dal suo avvocato un fax alla Procura nel quale confermò la ricostruzione fatta al Pm. Dopo alcuni giorni dalle prime dichiarazioni, però, Mario Frigerio fu nuovamente sentito. Questa volta dal maresciallo dei Carabinieri di Erba.
Il maresciallo chiese nuovamente al testimone di ricostruire la notte della strage. In particolare iniziò a chiedere se conoscesse Olindo Romano. Frigerio ripropose in prima battuta la stessa descrizione dell’aggressore: “Più alto di lui, mai visto prima, olivastro, probabilmente straniero, conoscitore delle arti marziali e ‘forte come un toro'. Poi, però, riflettendo sulle parole del militare domandò il perché del riferimento a Olindo.
A quel punto il maresciallo rispose: “Le viene un po’ di dubbio… eh, le viene un po’ di dubbio che potrebbe essere lui o le viene un po’ di dubbio che non potrebbe essere lui?”.
E alla fine Mario Frigerio, nonostante inizialmente avesse ribadito il primo identikit, finì con il confermare di essere stato aggredito da Olindo Romano.
Frigerio, nuovamente ascoltato il 26 dicembre e il 2 gennaio 2007, confermò la versione resa al maresciallo.
L’arresto di Rosa Bazzi
Quando Mario Frigerio cambiò versione sull’autore della strage parlò soltanto di Olindo. Ma in quell’occasione vene arrestata anche Rosa Bazzi. Nonostante non vi fossero prove a suo carico e nonostante la prima perizia autoptica parlasse di un’unica mano omicida e di un assassino destrimane. E Rosa è mancina.
Le intercettazioni ambientali
Le intercettazioni ambientali furono infruttifere. Niente passi falsi da parte dei coniugi Romano. Solo qualche cenno alla strage ma limitato alle notizie ascoltate dai notiziari.
Quando furono interrogati per sapere che cosa avessero fatto quell’11 dicembre raccontarono di essersi recati a Como per cenare al McDonald. Rosa per sostenere il suo alibi mostrò agli inquirenti lo scontrino recante l’orario delle 21.37. Dichiarò che anche un vicino di casa li aveva visti rientrare. Verranno però smentiti.
La strategia difensiva di Rosa e Olindo
Rosa e Olindo non potevano permettersi un avvocato. Così gliene venne affidato uno d’ufficio. Entrambi quasi analfabeti, si lasciarono guidare dal loro legale. Questi li convinse che la strategia migliore sarebbe stata la confessione. A suo dire, infatti, “non avevano scampo”. Ma Rosa non voleva ammettere una colpa che non aveva. Neppure quando Olindo le disse “conviene confessare perché così non becchi niente”.
La confessione dei coniugi Romano
Il verbale di interrogatorio datato 6 gennaio 2007 mostra come Olindo Romano non ricordasse niente o quasi della strage. Per questo i pubblici ministeri decisero di mostrargli le foto della mattanza. A quel punto Olindo iniziò a descrivere come meglio poteva. Dopo un interrogatorio fiume provò nuovamente a convincere Rosa. Ma la Bazzi non era in grado di ricostruire gli eventi. Così, gli inquirenti, come risulta dal verbale di interrogatorio del 10 gennaio 2007, oltre a mostrarle le foto della scena del crimine, le fecero ascoltare la confessione del marito chiedendo di confermarla in toto. E così fece.