Strage di Erba, la nuova vita di Rosa Bazzi in carcere: “Lavoro con una cooperativa per aiutare i bambini africani”
Sconta una condanna all'ergastolo per aver ucciso quattro persone, tra cui un bimbo di due anni, ma oggi, Rosa Bazzi, nel carcere di Bollate, dove è recluso anche suo marito e Olindo Romano, si racconta come una donna costruttiva e operosa, ribadendo come ha sempre fatto, la propria innocenza. "Persino all’interno del carcere, se si hanno volontà e voglia di costruire qualcosa, esiste la possibilità di realizzarla” dice in una lettera al quotidiano ‘Libero', sulle cui pagine, per la prima volta, rompe il silenzio mantenuto sin dal giorno della strage di Erba, avvenuta ormai 12 anni fa nel piccolo comune in provincia di Lodi. Rosa Bazzi oggi realizza borse e accessori i cui proventi sono destinati al sostegno di progetti a favore dei bambini africani. Oggetti in cuoio, prevalentemente, che realizza insieme ad altre tre persone e che poi vengono messi in vendita sul sito web della cooperativa.
Di lei non si sentiva più parlare da quando il ricorso presentato per esaminare nuovi elementi di prova, non è stato definitivamente respinto dalla Corte di Cassazione lo scorso luglio. Per loro, tuttavia le porte del carcere si erano chiuse ben prima, quando era stata pronunciata la condanna all'ergastolo per l'omicidio di Paola Galli (60 anni), Raffaella Castagna (30 anni), Youssef Marzouk (2 anni) e Valeria Cherubini (55 anni), in concorso con il marito Olindo Romano.
A inchiodare la coppia fu la testimonianza di Mario Frigerio, marito di Valeria Cherubini, anche lui vittima della mattanza di via Diaz miracolosamente scampato alla morte per un difetto congenito alla carotide, che non fu lesa dal fendente alla gola. Frigerio, deceduto 73 anni nel 2014 era l'unico testimone dei fatti. Secondo la ricostruzione processuale, i coniugi avrebbero aggredito la famiglia Castagna, con il quale era aperto un contenzioso condominiale, sgozzando prima la signora Galli, poi sua figlia Raffaella e per l'ultimo il figlioletto di lei, il piccolo Youssef (due anni), vittima necessaria insieme a Valeria Cherubini, trovatasi per caso sul pianerottolo al momento dell'aggressione. Dopo il misfatto la casa fu data alle fiamme.
Della strage che sconvolse per la quale è stata condannata in correità con il marito, Rosa non fa parola nella lettera a Libero, tranne che per affermare ancora una volta la propria innocenza. Sono “gratificata” scrive a Libero, dal fatto che ci sia “qualcuno che si batte per la verità, a prescindere dall’esito di questa battaglia”.