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Strage all’Istituto Salvemini di Casalecchio: la giustizia 20 anni dopo la tragedia

20 anni dopo la strage all’Istituto Salvemini di Casalecchio, in provincia di Bologna, parlano i sopravvissuti. Le loro dure critiche nei confronti di una giustizia, che non c’è stata.
A cura di danila mancini
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20 anni dopo la tragedia all'istituto salvemini a casalecchio di reno

La mattina del 6 dicembre 1990 a Casalecchio di Reno, provincia di Bologna, un aviogetto da addestramento, l'Aermacchi MB 326, perse il controllo, schiantandosi sulla succursale dell'Istituto Tecnico Salvemini. Fu colpita la classe II A, della quale 12 studenti rimasero uccisi. Avevano tutti quindici anni. L'incidente, inoltre, provocò il ferimento di 72 persone, che riportarono lesioni di invalidità permanenti dal 2 all'80%. Il carburante, che fuoriuscì dall'aereo, causò l'incendio della scuola, la quale poi è diventata sede della Protezione Civile: è stata riedificata come Casa della Solidarietà.

Non tutti conoscono questa tragica storia, non tutti sanno qual è stato il corso della giustizia a distanza di vent'anni anni.

La 4ª Sezione della Corte di Cassazione di Roma, il 26 gennaio 1998, assolse i militari accusati  di disastro aviatorio colposo e lesioni. Trattasi del pilota Tenente Bruno Vivani, del suo superiore Comandante Eugenio Brega e dell"ufficiale della torre di controllo di Villafranca Colonnello Roberto Corsini. Furono difesi dall'Avvocatura di Stato, a differenza delle vittime, che quel giorno si trovavano in una scuola di proprietà dello Stato. La strage è stato considerata dalla giustizia un tragico incidente, quindi non poteva costituire reato.

"Io e la Fede Regazzi quella mattina siamo arrivate in ritardo, allora ci hanno messo nei banchi davanti ed è stata la nostra salvezza. Alle 10,30 abbiamo visto arrivare questa cosa dalle finestra, non c'è stato neanche il tempo di renderci conto. Appena ci siamo liberate dalle macerie, io e la Fede ci siamo buttate dal primo piano. Dovessi riviverlo adesso non so se ce la farei: un mese d'ospedale, il dolore fisico, è dura dover diventare grandi da un giorno all'altro, quando hai solo 15 anni": a parlare è Milena Gabusi, tra i quattro sopravvissuti della classe II A. Con il tempo, è nata una fortissima amicizia, cementata dall'esperienza comune di una tragedia scioccante che ha lasciato, e lascerà, un segno indelebile che va ben oltre le ferite fisiche.

"Ricordo i tempi lunghissimi, e ricordo che comunque fra i familiari c'era la volontà di fare in modo che una tragedia così non si ripetesse mai più. Il processo però non ha risposto alle nostre speranze. I risarcimenti ci sono stati, noi però volevamo andare oltre, perché era una questione di giustizia. Io sono sempre stata molto ottimista, ho sempre avuto la speranza che la giustizia trionfasse, ma nel nostro caso tutto è andato nella direzione opposta", queste le parole amare di Federica Regazzi, anche lei fortunata sopravvissuta. Avrebbe sperato in un epilogo diverso, per placare il ricordo di quel giorno, per riviverlo con la consapevolezza che anche altri hanno compreso e condiviso il dolore delle vittime, rendendo loro una giustizia che non è vendetta e neppure rabbia. Ma semplicemente giustizia.

Si, i risarcimenti ci sono stati, ma come spiega Gianni Devani, presidente del centro per le vittime di Casalecchio, gli striminziti rimborsi sono serviti a coprire il 40% degli esborsi sostenuti: "Abbiamo speso centinaia di milioni di lire alla fine degli anni '90, per finanziare le perizie sull'aereo e le spese processuali. Siamo riusciti a farlo grazie alla solidarietà delle sottoscrizioni, ma è paradossale che nessuno tuteli chi è stato danneggiato".

E così che si conclude la tragedia dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, provincia di Bologna. E' così che se ne ricorda la strage dopo 20 anni. Parla Federica Tacconi, fortunata sopravvissuta al disastro: "E' uno scandalo che sia stata data la colpa alla fatalità: alla fine è stata colpa nostra esserci trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ti accorgi subito di come gira il mondo, e soprattutto te ne rendi conto a 15 anni".

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